Crisi Cit, salvataggio o naufragio?

In una lunga intervista rilasciata a “La Stampa” il 3 gennaio, il sindaco di Novi Gian Paolo Cabella tra i risultati della sua amministrazione elenca il “salvataggio” del Cit. 

«Abbiamo salvato l’azienda Cit – dice il sindaco leghista – un patrimonio rimasto intatto garantendo lo stipendio a oltre 40 famiglie. Ora stiamo predisponendo il bando per l’ingresso del partner privato che troverà un’azienda sana». 
Il piano di salvataggio del consorzio intercomunale trasporti è noto con il curioso nome di “sopravvivenza in perdita”… un po’ come se un medico vi proponesse di “guarire ammalati”. 

Il problema su questo piano è che la legge permette agli enti pubblici di avviare un piano di salvataggio delle società partecipate, a patto che tale piano consenta all’azienda di tornare in utile e di vivere con le proprie gambe. Cosa che il Cit non ha mai fatto – i comuni hanno sempre dovuto ripianare le perdite – e che nel piano di salvataggio non si augura neppure di fare. 
Il piano di sopravvivenza in perdita è stato approvato dalla maggioranza dei soci ma è stato bocciato dai comuni soci maggiori dopo Novi, Gavi e Serravalle. Il comune di Novi detiene il 35,73% della proprietà del Cit, Gavi il 16,19% e Serravalle il 12,64%. 

Questa mancanza di unanimità è già di per sé sufficiente per far fallire il piano, che prevede che ogni comune versi le proprie quote per far sopravvivere il Cit. Quindi, un piano fallito in partenza, su cui arriva anche il pronunciamento della corte dei conti (l’organo di controllo amministrativo sugli enti locali) che ha fatto giungere al comune di Gavi un pronunciamento molto chiaro. 

Per la corte dei conti il comune di Gavi ha fatto bene a non aderire al piano di salvataggio. Al Cit viene contestato il non aver cercato un socio privato, non aver rinnovato il parco mezzi, non aver presentato il documento di valutazione del rischio di crisi aziendale come previsto dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. 

Come finirà? Si può trovare la risposta nella relazione al bilancio 2019 (disponibile sul sito del Cit all’indirizzo http://www.citnovi.it/pdf/bilancio2019.pdf) presentata da Silvio Mazzarello, l’amministratore unico del Cit nominato dal comune di Novi Ligure poco più di un anno fa. In caso di ipotesi “avversa” al piano di salvataggio, scrive Mazzarello, scatta il piano D che “prevede la liquidazione, con buona probabilità giudiziale”. In sintesi, se non passa il piano, l’azienda è fallita. 

Ovvio che quello che la corte dei conti scrive al sindaco di Gavi Carlo Massa, vale anche per il sindaco di Novi Cabella. Il piano di “salvataggio in perdita” non solo non può essere attuato perché alcuni comuni si sono tirati indietro (e hanno fatto bene, secondo la corte) ma comunque non può essere attuato perché contrario alle norme (ancora secondo la corte). 

Il comune di Novi sta predisponendo il bando per l’ingresso di un socio privato «che troverà un’azienda sana», dice il sindaco. Tanto sana che sta per portare i libri in tribunale, come previsto da Mazzarello. Difficile che qualcuno si faccia avanti in questa situazione, avendo la possibilità di prendere l’azienda – o meglio, le tratte urbane – in fallimento anziché dover investire su un piano di rilancio in perdita. 

Il sindaco Cabella di trasporto pubblico locale dovrebbe saperne parecchio, visto che è stato presidente di Atm, l’azienda di trasporto pubblico del comune di Alessandria. Azienda che è fallita nel 2016 e su di cui oggi è in corso un procedimento giudiziario che vede coinvolti tra gli altri anche lo stesso Cabella. 

Una vicenda il cui epilogo avverrà a breve: il bando che Cabella dice in corso di predisposizione deve essere pronto per la fine di giugno. Mancano sei mesi per capire se il Cit è un’azienda che è stata davvero salvata, o se è ormai fallita.

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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