Solidarietà a Fiammetta Merlo per le minacce ricevute

I mosconi, si sa, ronzano e danno fastidio. L’articolo che abbiamo pubblicato ieri, a firma di Fiammetta Merlo, ha avuto un enorme successo di lettori e ha scatenato parecchie polemiche. 
Purtroppo l’autrice è stata bersagliata di minacce e insulti via social da chi si è, probabilmente, sentito toccato in prima persona dall’articolo. A Fiammetta tutta la nostra solidarietà, anche se sappiamo bene che non bisogna preoccuparsi dei leoni di tastiera che si nascondono dietro l’anonimato. 

Detto questo, vorrei aggiungere qualche considerazione, anche letti i molti commenti via social – molti positivi, alcuni negativi – che l’articolo ha ricevuto. 

Io credo che dovremmo tutti fare i complimenti ai nostri giovani. Sono loro che hanno risentito di più delle limitazioni alle libertà personali che questo maledetto virus ci ha imposto. Un conto è dover restare mesi chiusi in casa quando si ha 50 anni, un conto è doverlo fare a 16 o 25. Siamo stati tutti giovani e sappiamo l’energia e la voglia di libertà che si hanno sempre, ma ancor più quando si ha dentro il fuoco dei 20 anni. Sono loro che hanno sopportato interminabili lezioni a distanza, provateci voi a passare tutte le mattine davanti ad uno schermo e vedete che effetto fa. 

Se quindi è giusto essere molto comprensivi verso i nostri ragazzi, che sono stufi come lo siamo tutti di questa pandemia, questo non significa avere comprensione verso ogni cosa. 
Quello che ha documentato Fiammetta Merlo ci è stato segnalato più volte. Dopo le 18, quando i bar chiudono, si creano assembramenti intorno ad auto che dal bagagliaio fanno saltare fuori bottiglie e bicchieri. Faccio molta fatica a pensare che siano offerti da benefattori che vogliono offrire un poco di ristoro. Mi viene invece da pensare che qualcuno ci abbia visto un bel business da fare, ovviamente in nero nerissimo, approfittando dello stop ai bar (a cui non può andare che la nostra solidarietà).

Basta vedere le montagne di bicchieri che vengono abbandonati, le bottiglie lanciate dentro il cortile dell’asilo Garibaldi, per capire che dietro c’è qualcosa di più che un movimento spontaneo. Il fatto poi che queste cose succedano negli stessi luoghi che sono già noti per l’attività di spaccio, la dice lunga. 

Ecco perché credo che quanto sta succedendo ha ben poco a che fare con la voglia di libertà e la conseguente comprensione verso i più giovani. 

Cosa possiamo fare? Chiudere un occhio dicendo “sono ragazzi” è offensivo verso tutti i nostri giovani – la maggioranza – che le regole le stanno seguendo. 

A novembre dello scorso anno l’assessore alla sicurezza di Novi, Marisa Franco, dichiarò a un giornale «Tengo a sottolineare che non vengono comminate sanzioni in quanto si vuole evitare di esasperare ulteriormente persone o commercianti già esasperati dalla situazione dell’emergenza sanitaria». Il risultato di questo atteggiamento si vede. 

Gli ambulanti di via Garibaldi hanno fatto notare l’altra mattina al sindaco Cabella come si presenta la via ogni mattina. La risposta del primo cittadino non li ha soddisfatti molto. 

Credo che il primo compito di un cittadino, soprattuto se chiamato ad amministrare, sia quello di saper distinguere tra gli atteggiamenti verso cui è giusto avere un poco di comprensione, e quelli – come aprire un bar abusivo sul retro della propria auto oppure gettare immondizie nella pubblica via o nel giardino di un asilo – che vanno prontamente repressi. 

Forse dovremmo spendere qualche parola per quelli che commentano dicendo che i “ragazzi” fanno bene a fregarsene delle restrizioni perché il covid non esiste e noi siamo solo giornalisti prezzolati dai poteri forti. Ma, sinceramente, alla vista di tali abissi di ignoranza ci vengono le vertigini e le parole giuste ci sfuggono via. Magari un’altra volta. 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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