La storia si ripete

Se riuscisse a far tesoro degli sbagli del passato, l’umanità farebbe passi da gigante verso un progresso sostenibile, il rafforzamento della coesione sociale e la salvaguardia ambientale. Purtroppo, l’inesorabile scorrere del tempo cancella gli orrori del passato, la memoria si offusca ed i fatti diventano delle nebulose dai contorni indefiniti, con una realtà irreale, litigiosamente complessa quanto inconciliabile tra interessi contrastanti. 
Tutti vogliamo credere che gli orrori del passato non possono e non devono ripetersi per la presunta evoluzione civile, che ha elaborato una diversa mentalità che dovrebbe rappresentare una garanzia di sicurezza rispetto ad un mondo passato, arretrato e sotto sviluppato.
Purtroppo non è così: Il fato o una forza divina, prima di far precipitare l’umanità nel burrone l’acceca, così non si rende conto del disastro al quale va incontro. I fatti traumatici delle società umana si ripetono addirittura con cicli di frequenza nella loro drammaticità e non è nemmeno insipienza culturale, di istruzione o di sottosviluppo.

Il drammatico fatto del delitto di Voghera ne è la prova lampante. L’esecutore ha un profilo di tutto riguardo (avvocato ed amministratore pubblico) ma ciò non gli ha impedito un comportamento da cavernicolo e la città teatro dell’evento, non è certo sottosviluppata, eppure non è esente da comportamenti esecrabili, per la responsabilità oggettiva nella scelta degli amministratori.

Prendiamo in esame il periodo, non molto remoto, che portò alla presa del potere del fascismo:
Il parlamento, di allora come ora, aveva perso i principi basilari di rappresentare il popolo e la salvaguardia degli interessi generali; diventando una compagine scollegata dalla realtà ed espressione di interessi settoriale addirittura individuali che presero il sopravvento.
Si permisero privilegi vergognosi, arricchirono categorie di élite mentre il popolo arrancava nelle restrizioni e nella miseria conseguenti al sottosviluppo, analfabetismo e alle conseguenze di una guerra da poco tempo conclusasi.
Nella bolgia di un parlamento rissoso in lite continua e un governo incapace o impossibilitato ad imporre una guida ferma e sicura con le piazze in fermento, il mal contendo e la confusione regnava sovrana. Le piazze, in subbuglio, erano indirizzate ad arte dalle organizzazione estremiste con la compiacenza della nascente forza politica fascista che si distingueva per aggressività.
Cosicché quando questi annunciarono e misero in atto la marcia su Roma, la monarchia si spaventò e per sedare gli animi chiamò l’uomo forte al potere. 
Iniziava così il sopruso anti-democratico ed il declino che durò oltre un ventennio e si concluse con una disastrosa e drammatica guerra e l’inizio dell’attuale repubblica parlamentare.
Il comportamento del parlamento, di oggi come allora, non si differenzia molto da quello monarchico, a dimostrazione che il drammatico passato non ha insegnato niente. Gli interessi settoriali la fanno da padrone, i privilegi degli eletti sono diventati così insostenibili che definirli vergognosi è un eufemismo, la differenza tra ricchi (pochi) ed i poveri (tanti) è abissale ed è un disastro sociale. Una società è tanto più coesa e progredita quanto più la ricchezza è distribuita, in modo che a tutti sia possibile una vita decorosa, invece si tende a fare il contrario: il ricco diventa sempre più ricco ed il povero più povero nell’arrogante comportamento di chi dovrebbe operare per ridurle.
Molte conquiste dei lavoratori sono state ridimensionati, e lo stesso concetto del lavoro dipendente umiliato e piegato all’interesse speculativo. Su questo la responsabilità del centro sinistra, non sono poche. Ha smarrito da tempo i riferimenti storici e continua a restare nel guado alla ricerca di una identità sostenibile quanto credibile.
Non si è determinata ancora una lotta cruenta, ma non per questo la disputa tra le fazioni è meno intensa ed il capo dello Stato, il presidente della repubblica, custode e garante del sistema democratico, cosa fa? Ora come allora, chiama l’uomo forte al comando, invocato da una parte a discapito di quella costituita e gli affida il governo. Vogliamo credere che le motivazioni siano ad esclusivo salvaguardia dell’interesse generale ? 
Cosa c’è di diverso, rispetto a quello messo in atto dalla monarchia? Le analogia appaiono simili, le forze più conservatrici, escluse dal potere, uscite dalla porta, sono ritornate al comando entrando dalla finestra con la proverbiale aggressività di chi si sente fortemente garantito.
A dirigere il governo è stato chiamato il migliore, a furor di stampa. Un personaggio certamente carismatico, il cui profilo esprime luci ed ombre a secondo dell’angolazione con il quale si esamina.
La quasi totalità dell’informazione, sia cartacea che televisiva, lo ha fortemente proposto, creandogli un’aurea magica per alcuni aspetti perfino soprannaturale. 
Nella realtà appare subito nella condizione di normalità ed il governo che doveva essere rappresentato dalla crema dell’intelligenza, i cosi detti migliori, sin dalla presentazione si sono dimostrati per quello che sono, dei normalissimi personaggi, tanti riciclati, e tanti risalgono all’entourage del prescelto, il quale con silenziosa determinazione, sempre mascherate da formule cosi dette democratiche, datate, procede verso la restaurazione di un andazzo politico che l’evoluzione da tempo ha superato. 
Il nuovo governo presentato come il salvatore della patria, sostenuto da una parodia di esaltazione virtuale di un potere costituito che non intende mettersi da parte e rinunciare alle comode prerogative di casta e personali, (hanno famiglia, devono sistemare i figli) e se, per mantenere tali condizioni di privilegio, si devono approntare provvedimenti anacronistici, forzandone l’approvazione, con l’imposizione dello spauracchio della fiducia, facendo leva sul terrore di lezioni anticipate, ben sapendo che molti non saranno rieletti anche per la riduzione del numero dei parlamentari. Ma addirittura , esponenti di rilievo, a difesa dell’uomo della provvidenza hanno lanciato un folle avvertimento: “ se cade questo governo, arrivano i militari”.

Quello che stiamo vivendo è la dimostrazione pratica che, indistintamente dal tipo di sistema politico o del momento storico che, un paese si da (repubblicano, monarchico , dittatoriale o quant’altro) una volta che l’oligarchia si è insediata col codazzo al seguito nella gestione del potere, non lo vuole più mollare e pur di mantenerlo è disposta a qualsiasi azione e la forma democratica non fa eccezione , anzi diventa irrimediabilmente una oligarchia partitocratica che cieca avanza verso il precipizio.

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Francesco Giannattasio

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