Quattro ragioni per dire no al proporzionale con listini bloccati

Noto con rammarico che in Italia un dibattito elitario tenta di orientare l’opinione pubblica verso il gradimento per il sistema elettorale proporzionale senza preferenze. Non ho dubbi circa il fatto che il condizionamento delle elites giorno dopo giorno saprà centrare l’obiettivo ma provo a spiegare le ragioni per cui non sono per nulla convinto della bontà della proposta.
Il sistema proporzionale tende a fotografare la percentuale elettorale ottenuta dei Partiti per riprodurla tal quale in Parlamento. La premessa alla fotografia è ovviamente la campagna elettorale dove ogni Partito propone un programma per il futuro, un programma diverso in alcune parti, in molte parti o del tutto diverso rispetto agli altri Partiti. Insomma, tutti i soggetti politici sono in concorrenza tra loro. La conseguenza della fotografia sarà che in Parlamento i Gruppi andranno alla ricerca di una maggioranza numerica a sostegno di un Governo che, per essere tale, avrà per Costituzione bisogno della fiducia. Chiaramente i numeri saranno fondamentali, tutto il resto sarà una mediazione tra i leader dei Partiti. Intendo dire che il programma per il futuro del Paese, le rappresentanze nell’esecutivo di Governo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresenteranno l’esito di una mediazione tra i leader che avranno un solo obiettivo: superare l’asticella numerica per garantire una maggioranza.
Dove sono i punti critici del proporzionale nell’Italia del primo secolo del secondo millennio?
Primo. Il Parlamento non è l’unica Istituzione democratica del Paese, tanto che l’art.114 della Costituzione recita “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato“. Mi domando come sia ancora sostenibile, se non con dosi di ipocrisie politiche eccessive, uno schema che prevede leggi elettorali differenti dove alcune impongono ai Partiti alleanze al primo turno, altre al primo e con opzioni aggiuntive al secondo e altre ancora che non prevedono alleanze elettorali.
Secondo. Se non vogliamo aumentare la distanza tra la politica e i cittadini dobbiamo permettere a questi ultimi che il loro voto conti ancora qualcosa. Le mediazioni, cioè almeno le alleanze, i programmi e il Presidente del Consiglio dei Ministri, vanno presentati “a viso aperto“ agli elettori prima del voto. Meno si delega alle trattative post elettorali e più il voto ha importanza.
Terzo. Consegnare i destini di tutti ad un gruppo ristrettissimo di leader mi pare un azzardo poco raccomandabile in un Paese che da troppi decenni non ha la fortuna di dare cittadinanza agli statisti. Su questo punto è bene non dimenticare che i Partiti personali non sono un vantaggio per la democrazia e che i Partiti, i cui vertici sono poco o per nulla contendibili, non sono di conforto a chi sostiene che c’è un alto tasso di democrazia nello schema proporzionale.
Quarto. Se al proporzionale si abbineranno i listini bloccati dei candidati al Parlamento quell’enclave di leader nazionali oltre a scegliere le alleanze e i Governi dopo le elezioni avrà pure la possibilità di scegliere prima delle elezioni i membri del Parlamento in base a criteri potenzialmente molto lontani dai desiderata del popolo che, è bene ricordarlo, a proposito di orientamenti dell’opinione pubblica, si è già castrato riducendosi la rappresentanza Parlamentare senza diminuire il numero di Ministri, Vice Ministri e Sotto Segretari: un vero affare per chi voleva l’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Per dirla tutta, solo chi si sente forte nei legami con i leader nazionali e debole nei legami con il popolo può prediligere il proporzionale senza preferenze.

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Domenico Ravetti

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