Serravalle, non possiamo uccidere il commercio per salvarci dal traffico

Capita con una certa frequenza che, quando si considera un problema complesso e di non semplice soluzione, soprattutto se il problema permane per un lungo periodo, mutando le ipotesi che si considerano, il ragionamento che sta alla base della soluzione non venga più ripreso integralmente dal suo inizio, ma solamente da un certo punto in poi. 
Si dà così come acquisita ed immutata l’analisi delle cause e della natura del problema che si tenta di risolvere.

Par di capire che proprio questo stia accadendo con l’annoso problema del traffico di attraversamento urbano di Serravalle.
La malasorte di Serravalle sta nel suo nome: sorge in un punto dove la valle della Scrivia è caratterizzata da una strettoia: e questo non è modificabile. Il poco territorio pianeggiante che è presente è stato utilizzato negli anni, oltre che per gli edifici che compongono l’abitato, per infrastrutture di attraversamento (strade, ferrovie, autostrade).
La situazione che si è determinata – analizzata centinaia di volte in centinaia di occasioni – porta ad un flusso di traffico rilevantissimo che attraversa l’abitato del paese e che ha determinato come prima e maggior conseguenza lo spopolamento del centro storico e la sua progressiva, inarrestabile (se non mutano le condizioni) decadenza.
Le soluzioni a questo problema dovrebbero, se si considerasse l’intero ragionamento, condurre ad una diversa situazione che blocchi ed inverta (se possibile) la decadenza del centro storico.
L’Amministrazione comunale di Serravalle – incorrendo nel fenomeno di parzializzazione dell’analisi che si è descritto dianzi – ha ritenuto che la soluzione ultima fino a qui considerata, cioè la circonvallazione a monte, fosse di troppo lunga realizzazione per via dei costi, certamente rilevanti, e ha piegato verso la scelta di procedere all’allargamento della via Roma per poterla rendere a doppio senso di circolazione e spostare su di essa i flussi di traffico gravanti al momento sulla via Berthoud (l’asse centrale del centro storico).
Ora qui gli urbanisti (sia quelli laureati, sia quelli da bar) aprirebbero un dibattito che certamente includerebbe questioni amministrative (non ultimo il fatto che la circonvallazione a monte ha un progetto preliminare approvato che è costato soldi pubblici), sui valori della conservazione (l’allargamento di via Roma prevede l’eliminazione del giardinetto interno e di due ali dello storico palazzo Grillo, nonché di porzioni di altri edifici di non vile architettura), su questioni – molto di moda oggi – di sostenibilità (lo spostamento del traffico veicolare nei due sensi sulla via Roma, che viaggia quasi totalmente “in trincea” tra le facciate della palazzata che la delimita a monte ed il rilevato ferroviario a valle, porterebbe certamente ad una rilevante e nociva concentrazione di particolato). 

A me basta invece citare il fatto che per procedere a questo allargamento (non certo di realizzazione rapida e a buon mercato) bisognerebbe procedere allo spostamento delle poche attività economiche che ancora in fregio a via Roma (e sulla via Berthoud) si esercitano.
Certo – mi si dice – sarebbe solo per uno spostamento temporaneo. A lavori conclusi tali attività potrebbero rientrare in sede. 
Ma, mi sorge un dubbio. Gli Amministratori, che con quel contesto normativo si presuppone abbiano consuetudine, si sono resi conto che attività che storicamente operano in un agglomerato di antica formazione, vanno esenti dall’ottemperare ad una pletora di norme edilizie ed igienico sanitarie per il fatto di essere in esercizio anteriormente alla loro promulgazione? E che il semplice spostamento (per non parlare dal loro ritorno in sede) sarebbe dagli implacabili burocrati assimilabile ad una nuova apertura, facendo scattare l’obbligo di adeguamento: con oneri finanziari cospicui e letali per attività che “sopravvivono” e certamente non hanno margini tali da sopportarli. 
Ora, riprendendo i concetti espressi all’inizio, che soluzione sarebbe quella che, riuscendo a spostare il traffico dall’asse centrale di Serravalle, produrrebbe l’estinzione di alcune (se non di tutte) le attività superstiti del centro storico, determinando così l’accelerazione, se non il completamento, della sua decadenza.
L’intervento è perfettamente riuscito: il paziente è morto. 

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Roberto Almagioni

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