Era già tutto previsto?

Nel turbinio di notizie, dichiarazioni, accuse, controaccuse di questi giorni, può capitare a chi non sia molto addentro alle questioni politiche di non capire nulla di cosa sia successo tra giovedì e venerdì a Novi. Cosa ha portato alla caduta di Cabella e al commissariamento della Città? 

Attenzione: questo articolo è molto lungo, e va letto fino in fondo. Altrimenti, lasciate perdere.

Facciamo come prima cosa un passo indietro, al 2018. Le elezioni si avvicinano e il centro destra va verso il voto con un solo obbiettivo, mancato a tutte le elezioni precedenti: presentarsi unito alle elezioni. Ci riesce riconoscendo in Marco Bertoli il ruolo di “federatore” della varie anime, dalla Lega a Fratelli d’Italia a Forza Italia. 
Dalla unione delle forze del centro destra, guidata da quello che poi diventerà l’artefice della sua caduta, nasce la candidatura a sindaco di Cabella e il programma elettorale denominato “la rivoluzione del buon senso” (mai slogan fu meno azzeccato). 

La candidatura di Cabella è debole. Non è un volto noto in città, e come comincia a circolare il suo nome la maggioranza dei novesi si chiede chi sia. Quei pochi che lo ricordano, lo ricordano come il segretario comunista del sindaco comunista Pagella. Cabella, nonno del segretario della Lega Perocchio, è però il nome giusto per un centro destra diviso in tante anime, perché nessuno ha il timore di essere messo in ombra da lui.
Che Cabella non abbia nessuna autorevolezza all’interno dello schieramento lo dimostra all’assemblea dei candidati al centro fieristico, quando il futuro sindaco cerca di leggere il programma amministrativo e ad un certo punto il ministro Giorgetti lo zittisce tra gli applausi: “più parli, meno voti prendi”.Arrivano le elezioni e Cabella vince nonostante se stesso: i manifesti con scritto “vota Cabella” in città non mostrano il suo volto, ma quello di Salvini. In una tornata elettorale in cui la Lega vince ovunque a mani basse, a Novi vince al ballottaggio con il risicato margine di soli 300 voti. 

I primi mal di pancia.

La narrazione di un centro destra granitico tradito da Bertoli è completamente falsa. Il primo ad avere irrequietezza è Luciano Saracino, eletto nelle liste della Lega che già ad agosto lascia il gruppo per passare a Fratelli d’Italia. Perocchio gli risponde in consiglio comunale:  «un scelta che tradisce quelle 3 mila persone che avevano votato per la Lega senza esprimere preferenze perché avevano fiducia nell’intera squadra»
Il secondo ad aver mal di pancia è Oscar Poletto, che fresco di nomina a presidente del consiglio comunale presenta una mozione con cui cerca di ricordare che nel programma elettorale hanno promesso di spostare la stazione ferroviaria nel basso Pieve.
Voglio restare fedele agli impegni che in campagna elettorale abbiamo preso con gli elettori” dice Poletto in consiglio. 
La mozione viene respinta e Perocchio sentenzia in consiglio comunale che per Poletto c’è il “cartellino giallo”. «E’vergognoso che Poletto dica che non stiamo rispondendo agli impegni presi in campagna elettorale – dice Perocchio– Lui è presidente del consiglio comunale perché ha ricevuto la nostra fiducia, ora noi non abbiamo più la sua. Ne trarremo le conseguenze».

Vergogna e tradimento

Già nei primi mesi di amministrazione escono due parole che oggi vengono usate contro i consiglieri di Solo Novi: il “tradimento”, usata contro Saracino, e la “vergogna”, usata contro Poletto. Sempre per bocca di Perocchio, ieri come oggi. 
A febbraio Irene Lasagna, eletta nella lista della Lega e sorella di “Vanja”, si dimette senza dare spiegazioni. Al suo posto entra Francesco Bonvini. L’abbandono di Lasagna era già un segnale delle difficoltà all’interno del gruppo, che è comunque in quel momento presieduto da Marco Bertoli? 

La nascita di Solo Novi. 

Nel novembre del 2020 Cabella licenzia due assessori, Pino Dolcino e Costanzo Cuccuru. Se il primo la prende bene, il secondo la prende malissimo. Non condividendo la decisione Marco Bertoli si dimette da capogruppo della Lega e fonda il gruppo di “Solo Novi” con Francesco Bonvini e Cristina Sabbadin. 
«Abbiamo tentato –dichiarò Bertoli – di modificare le cose restando all’interno della Lega ma non siamo stati ascoltati. Era quindi inevitabile la scissione. Auspichiamo però che l’Amministrazione comunale cambi passo nella politica di questo anno e mezzo». È chiarissimo: «Il nuovo gruppo consiliare sarà equidistante da tutti i partiti e i suoi componenti voteranno secondo coscienza. Se non ci sarà un deciso cambiamento nella politica della Giunta comunale sarà inevitabile dare nuovamente la parola ai cittadini». 
Un anno e mezzo dopo il voto, nel dicembre del 2020, Bertoli aveva detto chiaramente come sarebbe andata a finire. 

Chi ha tradito cosa? 

Il centro destra si è presentato con un programma elettorale su cui ha chiesto fiducia agli elettori. Programma che è stato completamente dimenticato il giorno dopo le elezioni. Nulla di quello che vi era scritto è stato fatto, mentre invece sono state fatte cose che non vi erano scritte: tra tutte, ricordiamo l’aver regalato 5 milioni dei fondi compensativi del terzo valico ad Alessandria. Oppure, se volete, l’aumento illegittimo delle tariffe Tari. 

Vedi https://www.ilmoscone.it/2022/06/caro-cabella-ti-aiuta-il-moscone-a-ritrovar-la-direzione/

Una delle prime proposte di Solo Novi è stata una mozione, passata all’unanimità, con cui si chiedeva il ripristino dei portici vecchi: una piccola cosa, di buonsenso, che non è stata fatta neppure dopo l’assenso alla mozione. 
L’analisi della crisi che la Lega ha fatto venerdì è stata rapidissima: colpa dei “traditori” che si devono “vergognare”. Ecco che ritornano le parole usate per primi contro Poletto e Saracino. 
Nessuna autocritica, neppur piccola: colpa dei cambi di casacca per interessi personali. Quali siano, non è dato di saperlo. 
L’unica colpa che si dà la Lega è quella di aver trovato posto nelle sue liste a Bertoli, Sabbadin e Bonvini. Come se Bertoli fosse un infiltrato, invece che l’artefice del successo di Cabella. 
Ma chi ha tradito chi? Bertoli e i suoi hanno tradito la Lega, oppure la Lega ha tradito il programma elettorale con cui si era presentata ai cittadini? Solo Novi in questi mesi ha ricordato spesso le promesse elettorali dimenticate. 

Un bilancio bellissimo… da rifare. 

A ottobre dello scorso anno l’assessore al bilancio Maurizio Delfino si dimette, al suo posto un giovane e inesperto Edoardo Moncalvo. Al suo insediamento promette: bilancio di previsione entro la fine dell’anno… sappiamo come è finita. 
Il primo esame per Moncalvo è sul bilancio consuntivo. Alle domande dei consiglieri Dem risponde: “Non sapevo che mi avreste fatto delle domande, risponderò nei prossimi giorni”, come uno scolaretto davanti ad una interrogazione a sorpresa. Siamo ancora qui che aspettiamo le risposte, tra l’altro. 
Arriva il bilancio di previsione, redatto dal ragioniere capo Roberto Moro, poi defenestrato a favore della dottoressa Monocchio. Alle domande in commissione Moncalvo risponde.. come sa fare lui. Cioè, non risponde, ma comunque spiega che il bilancio di previsione è perfetto, e se qualcuno ha colpe è Moro. “Ho fatto male a fidarmi di lui” spiega in commissione, manco fossimo nel confessionale del grande fratello. 
Quella di Moncalvo resta come una delle figure più tristi di questa amministrazione. Un giovane impreparato che non ha voluto neppure approfittare dell’inaspettata occasione per studiare un poco. Se avesse avuto un minimo di coscienza, non avrebbe mai accettato di fare l’assessore al bilancio in una simile situazione. Viene da pensare alla circonvenzione di incapace…

Attacchi quotidiani

Negli stessi giorni, è il segretario cittadino di Forza Italia, Giuseppe Rapisarda, a partire con l’attacco frontale a Bertoli e i suoi: devono dimettersi.  Bertoli intanto, prima ancora di vedere il bilancio, dichiara pubblicamente ai giornali che il documento passerà. Moncalvo può tirare un sospiro di sollievo. 
Si avvicina il consiglio ed è Pino Dolcino ad attaccare ancora: Bertoli e i suoi devono dimettersi “se hanno le palle”. 
Più si avvicina al dead line per l’approvazione del bilancio, e più aumentano gli attacchi contro chi ha garantito che il provvedimento passerà. Il dubbio è più che legittimo: se la sono cercata? 
L’assemblea di approvazione del bilancio viene fissata l’ultimo giorno utile, il 30 giugno.  “Solo Novi” nel frattempo è passata all’opposizione, grazie agli attacchi di Rapisarda, ma conferma: faremo passare il bilancio. 
La novità è che tutti gli ormai 9 i consiglieri di opposizione presentano 5 emendamenti. Due non vanno proprio giù alla giunta: sono quello sul personale e quello sul termovalorizzatore. 
Quello sul personale toglie dal dup l’assunzione di un nuovo dirigente (ma chi sarà mai il dirigente che volevano tanto assumere?) e al suo posto mette due vigili e due operai. Per una giunta che aveva promesso maggiore sicurezza e maggiore manutenzione, impuntarsi su due vigli e due operai in più è curioso. 
L’altro emendamento ribadisce ciò che è stato già votato all’unanimità dal consiglio comunale: no all’inceneritore. Un no votato anche dai consiglieri delle Lega; a questo punto viene il dubbio che si fossero appisolati durante la discussione e che abbiano votato a favore per caso, oppure che semplicemente non volessero “andare sotto” per l’ennesima volta. 
Arriva il 29 giugno, il giorno precedente al consiglio. Dal governo giunge un regalo inaspettato, la concessione di una proroga di un mese per l’approvazione dei bilanci di previsione per i comuni ancora inadempienti (ricordiamo che il documento dovrebbe essere approvato, per avere senso, l’anno prima). 

Epilogo

Quello che è successo più o meno lo sapete. Il sindaco prende la parola, dice che il bilancio che stavano per approvare non va bene (lo stesso bilancio che fino al giorno prima era perfetto), che è tutta colpa di Moro e che visto che c’è ancora un mese di tempo, ne faranno un altro. Si alza e se ne va di corsa, seguito dalla giunta e dai consiglieri di maggioranza. 
È questo il momento in cui cade la giunta Cabella. Le dimissioni dei consiglieri venerdì mattina sono solo un atto dovuto, scontato e prevedibilissimo. Con che coraggio sindaco e giunta avrebbero mai potuto tornare in consiglio dopo una fuga simile davanti alla città?
Per questo loro atto finale, non hanno esitato a non avere alcun rispetto della istituzioni. Nè il sindaco, né la giunta, né tantomeno il presidente del consiglio comunale Poletto, che ha chiuso arbitrariamente il consiglio comunale nonostante le proteste della maggioranza dei consiglieri comunali presenti. Una pagina indegna della storia del consiglio comunale di Novi. La data del 30 giugno 2022 potrà essere ricordata come la più nera della storia della massima assise cittadina, e il giorno dopo, il 1 luglio 2022, quella della sua reazione democratica. 

Un prevedibilissimo imprevisto. 

Era già tutto previsto, fino al punto che sapevo che oggi tu mi avresti detto quelle cose che mi dici…” cantava Riccardo Cocciante.
L’ex sindaco Cabella venerdì ha scritto un post di addio alla poltrona di primo cittadino. “Ho lottato fino all’ultimo” scrive.  Per Cabella “i cinque emendamenti presentati dall’opposizione erano veramente irricevibili, e avrebbero modificato in maniera sensibile la nostra linea politica, che abbiamo sempre mantenuto e con la quale ci siamo presentati alle elezioni”. 
Quanto scrive Cabella è semplicemente falso, per un motivo molto semplice. I 5 emendamenti dell’opposizione sarebbero rimasti lì anche per il prossimo consiglio. Scappare in consiglio non li ha fatti sparire, ma solo rimandare. Lasciando perdere le affermazioni sul mantenimento della linea politica… 
Se Cabella si fosse dimesso, allora avrebbe avuto senso quello che ha scritto. “I 5 emendamenti sono irricevibili, non posso permettere che vengano approvati e quindi non posso far altro che dimettermi”, avrebbe dovuto scrivere. Invece Cabella ha chiesto un aggiornamento della seduta ed è scappato. 
Ma come sono arrivati a questo punto? Il percorso di avvicinamento al bilancio di previsione è stato farcito di continui attacchi a Bertoli e i suoi. Nulla che portasse verso un ammorbidimento della loro posizione è stato fatto. 
Non è credibile l’ipotesi di un imprevisto. Non è pensabile che Cabella e i suoi non abbiano immaginato cosa sarebbe successo il mattino dopo. Se Cabella è caduto, è perché lo ha voluto, lo ha cercato. Lui e i suoi hanno portato per mano l’opposizione a farli cadere. 

Ma perché lo hanno fatto? Perchè era evidente che non reggevano più, e che l’unica strada percorribile era quella di gettare la spugna. Ma in questo modo non avrebbero potuto dare la colpa ad altri, che non ha loro. Hanno quindi creato ad arte il caso, per potersi dichiarare dal giorno dopo vittime dei “traditori”, della sinistra, dei “poteri forti”. Chissà che non trovino ancora qualcuno dotato di senno disposto a crederci. 

Era ed è evidente che la crisi del centro destra novese è una crisi tutta politica. Una crisi cominciata il giorno dopo le elezioni, non due anni fa o sei mesi fa. 
Più il tempo passava, e più è diventato chiaro anche a loro che non erano in condizione di governare. Non per colpa delle divisioni, ma per aver scelto di governare in modo arrogante, dispotico, senza costruire un rapporto con la città, senza saper far altro che dar la colpa a chi c’era prima, senza cercare mai di mettere le persone giuste al posto giusto, anzi allontanando sistematicamente chi – di destra – avrebbe potuto dare un contributo serio e importante alla amministrazione cittadina. 
A Novi la destra ha portato nelle sale comunali (e nelle aziende partecipate) un misto di arroganza, incapacità e incompetenza, a cui non ha cercato mai di rimediare provando, ad esempio, a studiare. 
Quando si sono accorti che non reggevano più, hanno spinto Bertoli a farli cadere in ogni modo, fino a spingerlo in una posizione che era ormai insostenibile, con continui attacchi quotidiani. 

Bertoli quindi salvatore della patria? No di certo, anzi, il “mungitor cortese” avrebbe dovuto staccare la spina nel dicembre 2020, dopo le dimissioni di Cuccuru. Ha tenuto in piedi un governo vergognoso per la città, vergognoso non perché di destra (ci mancherebbe) ma perché del tutto disinteressato alle sorti di Novi, per motivi che un giorno forse spiegherà. 
E probabilmente oggi non saremmo qui, a salutare la liberazione di Novi da questa pessima classe di governo, se non lo avessero condotto per mano a farli cadere giovedì scorso. Ma il linciaggio che ora gli esponenti della Lega stanno rivolgendo a lui, a Sabbadin e Bonvini, è indegno.

Un plauso ai Democratici per Novi: il capogruppo Simone Tedeschi, Rocchino Muliere, Luca Patelli, Alfredo Lolaico, Stefano Moro (senza dimenticare Cecilia Bergaglio fino a quando è rimasta in consiglio). Hanno incassato la sconfitta e sono ripartiti a testa bassa con una opposizione seria, costruttiva e intransigente. Studiando le questioni e presentandosi sempre preparati, a differenza della maggioranza. La presenza del gruppo Dem ha rappresentato una costante spina nel fianco che ha messo in evidenza tutte le contraddizioni e l’impreparazione della maggioranza.

Infine, una nota personale. Come molti lettori sapranno, chi scrive è un elettore del centro sinistra da sempre. Quindi, la mia analisi è ovviamente di parte, ma quale non lo è? Dai, siamo sinceri…
Ma il giudizio profondamente negativo dell’operato della giunta Cabella non è perché si trattava di una giunta di destra che ha fatto cose di destra. 
L’unica cosa di destra che questa giunta ha fatto, contro cui sono sceso in piazza, è stata la chiusura dello sportello immigrati. Per il resto dell’operato di Cabella, non riesco a vedere cose “sbagliate perché di destra”. Vedo cose sbagliate perché contro l’interesse dei novesi, come l’immotivato aumento dell’Imu e della Tari, come la moltiplicazione dei posti nei CdA delle partecipate per far posto ad amici e conoscenti, come i 5 milioni ad Alessandria, gli attacchi alle società sportive, e l’elenco potrebbe essere lungo ma immagino che anche a voi vengano in mente molti esempi.
Per contro, questa giunta è stata immobile su temi fondamentali della città, e non parlo solo del bilancio di previsione: prendete ad esempio il settore urbanistica. Una città che è stata bloccata e danneggiata dall’impreparazione e dall’incompetenza, non dall’essere di destra o di sinistra. 

Spiace per i tanti elettori di destra novesi, che dopo 70 anni di attesa nel vincere le elezioni, hanno visto la loro città finire in mani simili. Tanto più spiace per gli elettori che non li hanno votati, che hanno visto avverarsi i loro peggiori incubi. 

Ma per fortuna, è finita. Domani è un altro giorno.

Ti è piaciuto questo articolo? Offrici un caffè con Ko-Fi

Segui il moscone su Telegram per ricevere una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo https://t.me/ilmoscone

andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

3 commenti su “Era già tutto previsto?

  1. A parte il fatto che la citazione “Era già tutto previsto, fino al punto che sapevo ….” è da attribuire a Cocciante e non a Battisti, tutto il resto è verosimile. Verosimile, ma non vero.

    Resta il fatto che far commissariare un comune è roba da chiodi e che i cittadini dovrebbero ricordarsene quando si andrà a votare.

    Come accade spesso, quando si perdono le elezioni, invece di fare autocritica, si rovescia il tavolo, infischiandosene della città e dei suoi cittadini.

  2. Bell’analisi, che racconta perfettamente lo stato delle cose che sono successe, anche se per essere perfettamente esaustiva avrebbe dovuto approfondire, a mio avviso i seguenti punti:

    1. La giunta comunale era una giunta “fantoccio” manipolata dalla Lega di Alessandria, capitanata da Molinari. Lo dimostrano le nomine di assessori provenienti da quella zona e che nulla avevano a che fare con il contesto novese (Bruno e Delfino), lasciandone da parte altri seppur avessero decennale esperienza di pubblica amministrazione (Pepe, originario della Merella.

    2. Il progetto dell’inceneritore è stato presentato, già pronto al Sindaco una settimana dopo che Cabella si era insediato. Ciò significava che quel mostro non era frutto della volontà dei cittadini, ma di logiche puramente partitiche.

    3. La mancanza di realizzazione della maggior parte dei punti dichiarati nel loro programma elettorale del “buon senso”.

    4. La loro arroganza attraverso esempi pratici, come la proposta di gemellaggio con la città russa bocciata dal consiglio comunale, nei giorni in cui stava scoppiando la guerra fra Russia ed Ucraina; il caso Cuccurru, i manifesti delle regalie di ACOS ai suoi dipendenti pubblici, il casino della TARI. Tutte cose che avrebbero dovute essere gestite e risolte dai dirigenti incaricati, prima ancora di darne pubblica pubblicità. Questa considerazione porta all’ultimo punto sottostante.

    5. La loro incapacità di gestire il bene pubblico nell’interesse dei novesi e non dei partiti a cui appartengono.

    Con questi ulteriori approfondimenti, i novesi si renderanno ancora maggiormente conto di COME SONO STATI PRESI IN GIRO DALL’AMMINISTRAZIONE USCENTE e a cui, magari in buona fede hanno dato fiducia!!!

    Un ultima osservazione. Bertoli è stato e continuerà ad essere una figura “ambigua” nel mondo della politica novese: lo dimostrano i cambi di “casacca” che lo hanno contraddistinto nel corso degli anni. Ma occorre riconoscergli il merito di essere stato Lui a far saltare l’amministrazione comunale, non il Partito Democratico, che ha semplicemente approfittato della situazione e che non ha mai presentato con atti concreti, mozioni di sfiducia al Sindaco! Quindi anche loro “furbi ed opportunisti”, politicamente parlando…
    … E furbi e sornioni quali sono, stanno preparando l’ascesa alla prima sindaca donna, che da più di un anno si fa pubblicità e si sa far piacere al pubblico social, specialmente su Facebook… ma questa sarà tutta un’altra storia a cui i novesi dovrebbero stare altrettanto attenti prima di esprimere la loro preferenza!

  3. Leggendo questo articolo, ben confezionato, mi è venuto alla mente un fatto quasi analogo nella storia di Novi Ligure, quando in città l’egemonia esercitata dal P.C.I. , a far data dall’ultimo conflitto mondiale, venne interrotta tra il 1985 e il 1990 dall’avvento del “Pentapartito” (a quei tempi dominate per l’onda vincente del “craxismo” nel P.S.I. dell’epoca), reso possibile con l’ingresso, per la prima volta nel Consiglio comunale novese, di due Consiglieri eletti nelle liste dell’allora Partito Repubblicano (P.R.I.).

    Anche quella innovativa esperienza per Novi Ligure fu sofferta e ricca di scontri, soprattutto in ordine alla gestione del Piano Regolatore Generale e alla nascente Società “onnicomprensiva” Acque Sorgenti Novesi, che poi sarebbe diventata l’attuale ACOS.

    I Consiglieri dell’epoca comunque, nonostante le diverse vedute sul futuro di Novi, si ingegnarono a mantenere in vita quella legislatura, senza interrompere il processo amministrativo, in modo tale da permettere agli elettori, al termine dei fatidici cinque anni, di poter fare una valutazione complessiva, premiando o penalizzando con il proprio voto l’operato della Giunta uscente, che a quei tempi era presieduta dal sindaco Mario Angeli (P.S.I.).

    Nel 1990 gli elettori bocciarono il “Pentapartito” e il P.C.I., che di lì a poco sarebbe diventato P.d.S., riprese, come partito di maggioranza relativa, lo “scettro” del comando, riconfermando il socialista Mario Angeli alla guida della città, sostenuto da una Giunta P.C.I. – P.S.I. – P. S.D.I e con l’appoggio esterno dei “Verdi” (nel frattempo entrati in Consiglio) e del P.R.I..

    Anche quella si rivelò una maggioranza molto difficile da tenere in piedi perché risicata nei numeri e due Consiglieri comunali, uno del P.R.I e uno dei Verdi, si resero conto, in seguito alla appena conclusa débâcle del “Pentapartito” e alla nascente crisi di partiti storici, nel 1992 messa in luce dalla stagione del “Pool Mani Pulite” di Milano, che il vero problema – non solo per Novi – nel mondo delle Istituzioni, non era di natura “politica” ma “culturale”.

    In tal senso, nell’ultimo Consiglio comunale del quinquennio 1990/1995, per la precisione il 24 gennaio 1995, a fine legislatura, nel salutare il Consiglio comunale, i due Consiglieri lasciarono agli atti del Consiglio un “Manualetto per l’Amministratore locale”, un volume diviso in due parti di 298 pagine, proprio per concorrere, sia pure nel piccolo mondo di una realtà locale, a preparare i futuri Consiglieri comunali all’esercizio consapevole delle loro funzioni.

    La vicenda odierna di Novi, illustrata con rigorosità “storica” da Andrea Vignoli, conferma però che ancora oggi l’emergnza nel mondo delle Istituzioni, sia a livello locale, sia a livello nazionale, più che “politica” è “culturale”.

    A tutti i lettori de “il Moscone” un cordialissimo saluto da parte di Gian Battista Cassulo

Comments are closed.

Torna su

Contact Us