C’è chi suggerisce che questa intricata vicenda dovrebbe essere lasciata alle menti più illuminate e strategiche. Forse hanno ragione. Dopotutto, chi sono io per insinuarmi in una vicenda che vede confrontarsi fior di esperti e fini strateghi?
Tuttavia, c’è qualcosa di irresistibile nell’affascinante groviglio di decisioni, interessi e norme che da sempre caratterizza il contenzioso tra AMAG e ACOS.
Al centro della disputa vi è la recente decisione di Egato6, l’ente preposto alla regolazione del servizio, che ha escluso la società mista Gestione Acqua dalla costituzione del nuovo soggetto unitario di gestione. Quest’ultimo, nelle intenzioni, dovrebbe assumere la forma di un consorzio aziendale. Nel frattempo, Gestione Acqua, pur non facendone parte, continuerebbe ovviamente a gestire il servizio in via transitoria, fino alla tanto attesa gara a doppio oggetto o all’affidamento in house.
Naturalmente, la decisione non ha mancato di suscitare reazioni, alcune delle quali decisamente accese. La stessa Gestione Acqua, poco incline a essere relegata in disparte, ha impugnato la delibera, ritenendola degna di annullamento. Come se non bastasse, alcuni sindaci hanno espresso la proposta – con una lettera al presidente di Egato6 e di Amias – di affidare la gestione (oggi in capo a Gestione Acqua) ad Amias che, a differenza di Gestione Acqua, è partecipata esclusivamente dai comuni del Novese, sembrerebbe l’uovo di Colombo. Tuttavia, si scontra con un ostacolo non trascurabile: Amias è una azienda priva di dipendenti e risorse, una condizione che la rende inidonea ai requisiti tecnici ed economici richiesti dalla normativa. Ma si sa, le idee che sembrano geniali spesso ignorano dettagli di questo tipo.
E così, pur essendo poco incline alla strategia e oramai fuori dall’ambiente Utilities, sia politicamente che professionalmente, non riesco a sottrarmi alla tentazione di offrire questa riflessione: perchè non affidare temporaneamente il servizio alla “rete di imprese” già esistente, costituita da Gestione Acqua, Amag e Comuni Riuniti?
Vi sono situazioni in cui buon senso e legalità, lungi dall’essere in conflitto, possono trovare un equilibrio virtuoso. L’affidamento temporaneo del servizio alla rete di imprese potrebbe apparire come una soluzione ragionevole, a patto che si agisca con ponderazione e con ragionevole motivazione ( urgenza e temporaneità). Naturalmente, la continuità del servizio è cruciale e deve essere garantita fino a quando la complessa macchina burocratica non giunga a compimento.
Certamente la rete di imprese dovrà essere idonea, ossia, dovrà dimostrare di possedere i requisiti fondamentali: una soggettività giuridica sancita dall’iscrizione al Registro delle Imprese e una partecipazione pubblica maggioritaria che garantisca il controllo analogo. Nulla di troppo complicato, si direbbe, se non fosse per la tendenza a complicare anche le soluzioni più semplici.
Così facendo, si potrebbe salvaguardare l’unitarietà della gestione, tutelare gli utenti e, aspetto non secondario, preservare i finanziamenti PNRR , evitando il rischio di esclusione per non conformità normativa ( mancanza di un gestore unico di riferimento) il tutto per il tempo necessario a costruire il piano d’ambito e predisporre la gara a doppio oggetto. La domanda resta: è davvero così difficile perseguire una soluzione di buon senso, che coniughi pragmatismo e legalità? Oppure siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che le risposte più efficaci sono spesso le più semplici, ma richiedono la volontà di vederle?
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