La possibile chiusura dei punti nascita che registrano meno di 500 parti annui torna al centro del dibattito in Piemonte. L’allarme arriva dal presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), Vito Trojano, secondo il quale questi piccoli reparti non garantiscono i necessari standard di sicurezza per madri e neonati. La carenza di personale medico, inoltre, aggrava la situazione, rendendo sempre più difficile assicurare un’adeguata assistenza ostetrica.
Secondo i dati del Piano Nazionale Esiti di Agenas, tra le strutture che non raggiungono la soglia minima di 500 parti annui figura anche il punto nascita di Casale Monferrato, che nel 2024 ha registrato appena 279 nascite. Una situazione critica, che lo pone tra gli ospedali piemontesi più a rischio di chiusura insieme a quelli di Domodossola (77 parti), Vercelli (392), Chieri (430) e Verbania (474).
La questione non è nuova: già dieci anni fa il Piemonte aveva chiuso diversi punti nascita a basso volume, tra cui quelli di Carmagnola, Bra, Cuorgnè, Susa, Tortona e Acqui Terme, concentrando le nascite in strutture più grandi. Questo aveva portato la regione a superare la media nazionale per numero di punti nascita con oltre 500 parti l’anno, ma il problema rimane aperto e il costante calo della natalità non fa che renderlo più urgente.
La chiusura dei piccoli punti nascita è sempre un tema delicato, poiché da un lato si cerca di garantire il massimo livello di sicurezza per madre e bambino, ma dall’altro si scontra con le esigenze delle comunità locali, che vedono allontanarsi sempre più i servizi essenziali. La questione riguarda in particolare territori con difficoltà logistiche e di trasporto, dove il trasferimento in un ospedale più grande può rappresentare un problema.
Il dibattito sulla chiusura dei punti nascita in Piemonte non può prescindere da una pianificazione attenta del futuro sanitario della regione. La denatalità è un fenomeno in costante crescita e il tasso di natalità piemontese (6,1 per mille) è già inferiore alla già bassa media nazionale (6,7 per mille). Il nuovo piano sociosanitario regionale dovrà affrontare in modo chiaro questa problematica, bilanciando esigenze di sicurezza, efficienza organizzativa e diritto alla salute per le comunità locali.
Per Casale Monferrato, come per altri ospedali, il futuro del punto nascita rimane dunque incerto, e la decisione finale potrebbe avere un impatto significativo sulla popolazione e sui servizi sanitari del territorio.
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