Skill to do comes of doing, scriveva Ralph Waldo Emerson, ovvero: bravi si diventa facendo. È una regola a cui non si sfugge in nessuna professione, figuriamoci nella medicina.
Torna alla ribalta un vecchio problema della sanità piemontese, presente da almeno vent’anni: i punti nascita con meno di 500 parti annui, che dovrebbero essere chiusi. Su questo punto c’è un consenso diffuso tra politici e operatori sanitari, perché garantire la massima sicurezza alla madre e al neonato è una priorità assoluta. Il parto, nella maggior parte dei casi, evolve senza problemi, secondo natura, ma quando si complica lo fa all’improvviso, trasformandosi in un dramma sia medico che umano. La saggezza popolare riassume bene questa realtà: ho sentito un padre, dopo aver superato una situazione critica, dire con sollievo: Abbiamo salvato il frutto – la donna – e il capitale – il neonato.
Garantire un percorso sicuro per due o più pazienti contemporaneamente – come nel caso di una gravidanza gemellare – è un unicum in medicina. Significa assicurare assistenza 24 ore su 24 con la presenza di specialisti in ostetricia, anestesia, neonatologia, pediatria e rianimazione neonatale, oltre a una rete di trasporti medicalizzati altamente specializzati. Si tratta di un’organizzazione complessa, che richiede investimenti significativi sia in personale che in infrastrutture. Ad esempio, una sala operatoria dedicata e vicina alla sala parto per i cesarei d’urgenza è una necessità imprescindibile.
Le linee guida in materia esistono e sono adeguate: il problema è applicarle. È necessario che politici e operatori sanitari dimostrino onestà intellettuale, superando i campanilismi – che in passato hanno già ostacolato decisioni razionali – e trovino le risorse per realizzare un piano ambizioso ma giusto.
Negli ultimi cinquant’anni, nella nostra provincia sono stati chiusi due punti nascita: quello di Tortona, che contava poco meno di 500 parti annui, e quello di Ovada. Decisioni che furono più ostacolate che sostenute, segno di una miopia politica grave. Eppure, col senno di poi, possiamo dire che non accadde nulla di drammatico.
Serve un dialogo aperto tra cittadini, politici e operatori sanitari per spiegare perché è giusto chiudere i punti nascita sotto i 500 parti, ma al tempo stesso è indispensabile prendere un impegno concreto: applicare rigorosamente le linee guida per garantire un percorso ostetrico e neonatale il più sicuro possibile. Il più sicuro, perché, purtroppo, in medicina il 100% di sicurezza non esiste.
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