La difficile e tragicomica vita dei pendolari

Sono ferma con la bocca aperta, alla fermata del pullman in via Venezia, ad Alessandria. Allungo la mano dietro di me e penso di essere al posto giusto: sento il palo. Ulk, il mio cane guida, si è alzato quando ha visto il pullman. Io ho alzato il braccio, ma l’autobus se n’è andato. La furia inizia a invadermi: se non arrivo in stazione in tempo, perderò il treno. Così chiamo un taxi, sperando che arrivi. Fortunatamente, ha preso la chiamata un tassista che appartiene alla maggioranza, ossia coloro che, anche se ho un cane, non fanno storie.

Perché dovete sapere che, invece, esiste una minoranza di tassisti alessandrini che, pur essendo obbligati a caricare il mio labrador – in quanto cane guida –, quando prendono la chiamata dicono che stanno arrivando e poi, sorpresa, non si presentano. Così io e Ulk perdiamo il treno e dobbiamo prendere quello successivo, un’ora dopo.

Mentre aspetto il taxi, sento una voce che mi chiama: «Signora, lei aspettava il 4? Prima non mi sono fermato». La furia esplode. Inizio a gridare che è stato scorretto, aggiungo qualche altra parolina che non posso scrivere, e concludo dicendo che ormai dovevo aspettare il taxi che avevo chiamato.

In realtà, gli autisti sono sempre molto gentili e quasi mai colpevoli dei disservizi. Tante volte li ho difesi da utenti stupidi e maleducati.

Gli episodi sono tanti. Ricordo una sera in cui il mio treno, quello delle 20:30 da Alessandria a Novi, era in ritardo. L’assistenza ai P.R.M. (persone a ridotta mobilità) mi fa sedere su una panchina per poi andare a prestare servizio altrove. Accanto a me c’è un signore di cui non conosco il nome, una di quelle conoscenze da binario, come le chiamo io. A un certo punto, grida con voce calma e per nulla maleducata: «Non si attraversano i binari!». Una voce di rimando urla, con tono stizzito: «Lei pensi ai fatti suoi!».

Chiedo se si tratta di ragazzi. Lui sospira: «No, no, due signore di mezza età, tutte a modino». Superato lo shock, penso: ci manca solo un investimento, il ritardo sarebbe infinito.

Nel frattempo, sento la signora dell’assistenza P.R.M. sfrecciare davanti a me urlando: «Vi state portando via il disabile! Vi state portando via il disabile!». Chiedo al mio vicino cosa sia successo. Con la sua voce calma e quasi rassegnata, mi risponde che gli assistenti avevano posizionato il carrello – lo strumento che serve a far salire e scendere le persone in sedia a rotelle dai treni – e stavano per accompagnare il passeggero con disabilità. Ma il capotreno ha fischiato, le porte si sono chiuse e il treno è partito.

Arriva il secondo ragazzo dell’assistenza P.R.M. e gli chiedo: «E adesso?». Lui mi risponde: «Lo faranno scendere ad Asti e risalire sul treno che torna ad Alessandria». Insisto: «Sì, ma ad Asti non ci sono addetti all’assistenza. Chi lo aiuterà a scendere e a salire dal treno?». Lui, sconsolato: «Boh».

Una sera mi reco a Palazzo Pallavicini per assistere all’assemblea dell’Associazione Pendolari Novesi. Il presidente, ingegner Andrea Pernigotti, spiega le criticità che i pendolari dovranno affrontare nel 2025 a causa dei potenziamenti sulle linee, dei cantieri, ecc. Sottolinea come l’Associazione partecipi ai vari tavoli convocati dall’Assessorato ai Trasporti della Regione, che mettono in relazione i pendolari con i tecnici di RFI e Trenitalia. Inoltre, l’Associazione lavora in rete con l’assessore ai Trasporti di Novi, Simone Tedeschi, affinché i disagi legati agli autobus sostitutivi e ai ritardi vengano gestiti nel modo più corretto.

La parola passa poi ai pendolari: ognuno racconta le difficoltà incontrate. Io sottolineo come non sia un segno di civiltà il fatto che la stazione di Serravalle non sia servita dall’assistenza ai P.R.M. Un ragazzo in sedia a rotelle, che partecipava a una gita scolastica, ha dovuto farsi portare a braccia dagli insegnanti, mentre i suoi compagni caricavano la carrozzina sul treno.

Tutto sommato, però, la linea Torino-Genova non se la passa troppo male. Alcuni ritardi sono dovuti al famigerato potenziamento della linea, un po’ come quando, in autostrada, sei in coda da ore e poi vedi il cartello Stiamo lavorando per voi. Anche in questo caso evito di scrivere le parole che escono dalle bocche dei cittadini.

Una precisazione: la situazione non è così drammatica se paragonata alla linea per Milano. Ritardi in partenza, treni soppressi e poi, quando si arriva in Lombardia, ancora peggio. Ascolto e mi dico: Enrica, non arrabbiarti mai più per i tuoi disservizi. I pendolari della linea per Milano vivono in un girone infernale.

Poi le labbra mi si piegano in un sorriso. Rifletto sul fatto che il trasporto pubblico sia un esempio di parità: pendolari normodotati e disabili, in teoria, conoscono l’ora di partenza e di arrivo. Puntuali si presentano alla fermata dell’autobus o sul binario, ma in realtà non sanno mai quando arriveranno al lavoro o quando torneranno a casa. Ogni giorno è un’avventura tragicomica che ci rende tutti uguali.

Il sorriso si allarga ancora di più: anche tutti i lavoratori del trasporto pubblico – autisti, capotreni, macchinisti, addetti ai servizi, dirigenti al movimento – sono attori protagonisti della commedia tragicomica che quotidianamente si svolge nelle stazioni. Tutti un po’ rassegnati, sconsolati, arrabbiati o divertiti, a seconda del ruolo che il destino assegna loro. Tutti, proprio tutti uguali, uniti dalla difficile vita da pendolari.

Ti è piaciuto questo articolo? Offrici un caffè con Ko-Fi

Segui il moscone su Telegram per ricevere una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo https://t.me/ilmoscone

Visited 1 times, 1 visit(s) today

Enrica Bosio

Un commento su “La difficile e tragicomica vita dei pendolari

  1. Quanta verità che ha detto la signora Enrica bosio, e spero che qualche taxista legga questo articolo.

Comments are closed.

Torna su

Contact Us