Grazie infinite, Francesco. Vai pure…

Non esiste popolo o civiltà che, nelle prime fasi della sua storia, non abbia dato vita a una credenza religiosa. Ho sempre pensato che le religioni siano nate per rispondere alle domande più profonde dell’uomo, in particolare a quella su cosa accada dopo la morte.

Una delle funzioni più rassicuranti della fede è proprio questa: credere che la morte non sia la fine, ma un passaggio. Ogni religione ha elaborato una propria visione dell’aldilà, e le tre grandi religioni monoteistiche – ma non solo – parlano di un paradiso destinato ai giusti. Per un ateo, invece, la prospettiva è diversa: con la morte, tutto finisce.

Io mi considero agnostico. Non ho la certezza che Dio esista, né che non esista. In cambio, ho una grande speranza: in un mondo migliore qui e in un futuro oltre la morte. Mi aggrappo a questa speranza, perché mi fa stare bene.

In queste ore, il mondo segue con apprensione la salute di Papa Francesco. Anche io lo faccio: questo Pontefice mi piace davvero. Le comunità cattoliche – e non solo – stanno pregando per lui, come lui stesso ha chiesto.

Eppure, c’è qualcosa che mi lascia perplesso. Se per i credenti c’è qualcuno che entra in paradiso senza esitazione, è proprio il Papa. E allora, perché un simile attaccamento? La morte è inevitabile per tutti, persino per il Santo Padre. E se la fede insegna che c’è vita dopo la morte, perché aggrapparsi così disperatamente alla sua presenza terrena? Perché non dirgli, con serenità: «Vai pure, hai fatto il tuo dovere, non temere nulla»? Invece, vedo volti segnati dall’angoscia, come se l’ultimo passo fosse davvero la fine, e non l’inizio di ciò che la fede promette.

Poi leggo un’intervista a Vauro su La Stampa: «Io, da comunista ateo, ho pregato per il Papa». E qui mi scatta il cortocircuito. Se preghi, non sei ateo. Se sei ateo, non preghi. Forse, però, la preghiera di Vauro non era quella di chi si rivolge a Dio, ma un gesto simbolico, un atto di affetto, di rispetto. Come la vignetta che apre questo articolo.

Io non prego per Papa Bergoglio. Mi parrebbe ipocrita da parte mia, non avrebbe alcun valore. Ma lo ringrazio davvero molto. Perché, a mio avviso, ha saputo riportare la Chiesa tra la gente, rendendola più vicina ai valori in cui credo anch’io. Le sue parole sono state medicina, forza e futuro per tante persone sgomente alla vista del mondo di oggi.
E poi, sua nonna era della Val Borbera… come potrei non sentirlo vicino?

Grazie, Papa Francesco. Ti auguro con tutto il cuore di restare ancora per molti anni qui tra noi ma sappi che hai fatto bene, molto bene. Quindi, se devi andare, vai pure. Se lassù c’è qualcuno, di certo ti accoglierà con un sorriso e ti farà i complimenti per quanto sei riuscito a fare qui giù. E se non c’è nessuno… va bene lo stesso!

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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