La recente scomparsa di Papa Francesco ha scosso profondamente non solo il mondo cattolico, ma l’intera comunità internazionale. Era un uomo di fede, di dialogo, di profonda umanità; un Pontefice che ha saputo parlare al cuore degli ultimi, dei giovani, dei popoli dimenticati. Il suo insegnamento, la sua tenacia nel promuovere la pace, la giustizia sociale e la dignità di ogni essere umano resteranno scolpiti nella storia. Tuttavia, proprio in un momento come questo, è doveroso ribadire un principio fondamentale: non possiamo, non dobbiamo rinunciare a celebrare il 25 aprile, giorno della Liberazione, in nome del lutto, per quanto sacro possa apparire.
La morte di una grande figura spirituale non può oscurare, né tantomeno cancellare, la memoria viva della libertà, riconquistata con il sacrificio di migliaia di donne e uomini. Il 25 aprile è il giorno in cui l’Italia ha detto no al fascismo, no alla dittatura, no all’odio e alla sopraffazione. È il giorno in cui è rinata come Repubblica democratica, fondata sulla resistenza civile, sul coraggio e sulla memoria.
Sospendere, attenuare o, peggio ancora, ignorare questa ricorrenza nazionale in segno di lutto significherebbe tradire quei valori per cui molti hanno dato la vita. Significherebbe dimenticare che il 25 aprile è il fondamento stesso della nostra democrazia, il giorno in cui si rinnova ogni anno il patto tra i cittadini e la Costituzione.
Papa Francesco, che ha sempre parlato di libertà, di responsabilità civile, di impegno contro ogni forma di oppressione, non avrebbe mai voluto che il ricordo della sua morte divenisse un motivo per spegnere la fiaccola della memoria antifascista. Al contrario, ci avrebbe spronati a essere presenti, consapevoli, uniti. Ci avrebbe invitati a non rifugiarci nel silenzio del lutto, ma ad alzare la voce in nome della giustizia, dell’uguaglianza e della pace.
Rispettare il lutto, certo. Ricordare il Pontefice, con le sue opere e le sue parole, è doveroso. Ma non a scapito della memoria collettiva, non a spese della libertà. La commemorazione del Papa può e deve coesistere con le celebrazioni del 25 aprile.
Per questo oggi, più che mai, onoriamo entrambi. Con dolore per chi ci ha lasciato, ma con fermezza per ciò che ci unisce. Il 25 aprile non si cancella. Non si rimanda. Non si riduce.
Vorrei ricordare che per Papa Giovanni Paolo II, che fu Pontefice per quasi 27 anni, ci furono tre giorni di lutto nazionale, come per Papa Giovanni Paolo I — e forse anche meno per Papa Paolo VI. Quest’anno, il governo ha trovato il pretesto perfetto per silenziare il 25 aprile: la morte del Papa. Un lutto strumentalizzato senza pudore, per svuotare di significato una giornata che celebra la Liberazione dal fascismo, fondamento stesso della nostra Repubblica.
Nessun rispetto per la memoria storica, nessuna volontà di ricordare chi ha combattuto e dato la vita per restituirci libertà e dignità.
Non è stata una coincidenza. È stata una scelta politica. Una scelta ipocrita, travestita da rispetto istituzionale, ma guidata da un disegno preciso: marginalizzare l’antifascismo, rendere la Resistenza qualcosa da nascondere sotto il tappeto.
Il governo si mostra puntuale nel commemorare ogni cosa, tranne ciò che lo imbarazza. E la Liberazione imbarazza, perché obbliga a fare i conti con una storia che alcuni vorrebbero riscrivere o dimenticare.
Ma noi no. Noi il 25 aprile lo celebriamo, oggi più che mai, perché la libertà non si archivia per convenienza politica.
Robbiano Laura – PRC
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