Minoranza o opposizione?

In una delle prime sedute del Consiglio Comunale mi fecero notare che l’utilizzo del termine “minoranza” per riferirmi ai gruppi consiliari espressione delle liste non vittoriose ad esito delle elezioni comunali, poteva risultare non opportuno, suggerendomi il termine più rispettoso di “opposizione”.

Ho riflettuto a lungo su questo suggerimento, anche perché proveniente da Consiglieri di maggioranza più esperti di me.

L’idea che sottende a tale distinguo terminologico immagino sia da individuare nell’intenzione di evidenziare la dignità insita nel resistere e contrapporsi ad un’ideologia politica che si percepisce come avversa, piuttosto che sottolineare l’aspetto numerico del trovarsi soccombenti in seguito al voto degli elettori.

Pur comprendendo e rispettando tale punto di vista vorrei proporne un altro che ritengo altrettanto valido, perciò vorrei indicare le motivazioni per le quali privilegio il termine “minoranza” piuttosto che quello di “opposizione” per riferirmi ad un gruppo consiliare contrapposto ad una maggioranza che sostiene il Sindaco eletto.

I termini maggioranza e minoranza ben appunto pongono l’accento su un aspetto meramente numerico: le liste elettorali facenti parte di una coalizione a sostegno del candidato Sindaco uscito vittorioso dalle elezioni hanno diritto alla maggioranza dei posti in Consiglio Comunale, nello specifico 11, mentre alle liste perdenti residuano solo 6 posti di Consigliere Comunale. Risulta evidente che il Sindaco e la sua Giunta possono confidare su un sostegno piuttosto ampio alle proposte di delibera avanzate in Consiglio Comunale mentre la minoranza farà più fatica a veder approvati eventuali atti di indirizzo di propria iniziativa.

In politica, d’altro canto, il termine opposizione viene riferito all’«azione di contrasto esercitata dai partiti che professano idee contrarie a quelle del governo» e anche il loro atteggiamento che si sostanzia nell’ «ostacolare l’attuazione del programma politico di maggioranza, negando il proprio consenso».

Effettivamente è quanto di solito accade anche nel nostro Consiglio Comunale; ma siamo proprio sicuri che sia quanto voluto e previsto dal nostro legislatore soprattutto con riferimento agli enti locali come il Comune? E soprattutto: è questo un modo utile e vantaggioso per interpretare l’azione politica in particolar modo a livello locale?

Se per politica si intende l’amministrazione della polis, l’organo politico per eccellenza di una Città è il Consiglio Comunale al quale è affidato il potere di indicare, suggerire e imporre le linee da seguire nel perseguimento delle funzioni comunali che sono attuate dal Sindaco in collaborazione con la Giunta. Il Sindaco e la Giunta pertanto dovranno non solo dare attuazione agli indirizzi generali del Consiglio, ma anche riferirne e risponderne dinanzi ad esso.

La legge ci dice che i Consiglieri (tutti, sia di maggioranza che di minoranza) nell’ambito delle proprie funzioni istituzionali, in qualità di componenti di un organo collegiale, svolgono l’attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo, tramite l’esercizio del diritto di iniziativa (ordini del giorno, mozioni), o presentando atti di sindacato ispettivo (interpellanze, interrogazioni) e partecipando alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e dei singoli assessori (art.42, comma 3, T.U.E.L.).

La mia percezione è che tali funzioni vengano spesso intese, anche dagli stessi Consiglieri, in chiave dicotomica: la funzione di indirizzo appare quasi di esclusivo appannaggio della maggioranza, la quale in una sorta di accordo implicito con l’”esecutivo consiliare” propone deliberazioni già gradite alla Giunta oppure si limita ad approvare le proposte di delibera presentate dalla Giunta stessa. In questo quadro spesso le proposte della minoranza che si sostanziano in mozioni e ordini del giorno hanno un intento “provocatorio” o di denuncia oppure ideologico, ma raramente sono effettive proposte di amministrazione (e di visione) della Città. 

Sempre in quest’ottica dicotomica la minoranza si limiterebbe pertanto a svolgere una funzione di controllo tramite gli atti di sindacato ispettivo ed esercitando i diritti d’ispezione amministrativa, mentre ai Consiglieri di maggioranza tali prerogative sembrerebbero quasi precluse, perché verrebbero intese come una sorta di “debolezza” degli organi esecutivi ed evidenzierebbero una conflittualità interna alla stessa maggioranza.

Ma davvero riteniamo che i Consiglieri di minoranza non abbiano la possibilità di proporre azioni amministrative per la Città e soprattutto per i cittadini che li hanno votati e che essi rappresentano in Consiglio? Davvero la loro funzione si limiterebbe ad un “opporsi” a quanto presentato dalla maggioranza che dovrebbe avere comunque i numeri per approvare le proprie proposte di delibera senza chiedere la collaborazione della minoranza? D’altro canto davvero vogliamo che i Consiglieri di maggioranza non possano esercitare una reale funzione di controllo senza rischiare di essere accusati di mettere a rischio la stabilità del Consiglio Comunale?

Il nostro Regolamento non sembra dire questo, ma neanche il testo Unico degli Enti Locali e tantomeno la Costituzione: è evidente che l’impianto della normativa relativa al processo deliberativo degli organi di indirizzo, ed in particolar modo del Consiglio Comunale, si fondi su un sistema compromissorio, che non è da intendersi in accezione negativa ma quale sistema di sintesi e soluzione, ispirato da un’unità funzionale dell’organo politico comunale e basato su una comunanza di diritti e prerogative di tutti i Consiglieri (sia di maggioranza che di minoranza).

Personalmente ritengo che la dialettica consiliare non possa esaurirsi in uno scontro fra maggioranza e “opposizione”, ma sia più funzionale se basata su un reale rapporto consociativo fra i gruppi consiliari (partiti e liste civiche) per ricercare un ampio consenso sull’agenda politica.

In quest’ottica il mestiere dell’opposizione si sostanzia in un esercizio critico e propositivo dell’iniziativa politica, tendente a migliorare, tramite sollecitazioni, all’occorrenza anche forti, l’attività dell’amministrazione comunale, costituendo espressione di democrazia e stimolo che evita l’appiattimento ed il deterioramento dell’azione della maggioranza. Alla minoranza (e non all’ opposizione perché altrimenti sarebbe una contraddizione in termini) è consentito il diritto–dovere di intervenire in tutti i campi di pertinenza del Comune, con apporti integrativi e/o modificativi, che dovrebbero essere esaminati con cura (soprattutto nelle Commissioni Consiliari) ed accolti, se funzionali ad una soluzione maggiormente idonea al soddisfacimento degli interessi di volta in volta in gioco, e respinti in caso contrario, senza che ciò porti a realizzare un programma diverso da quello della maggioranza, che è l’unico approvato dal corpo elettorale.

Per quanto detto sopra, ritengo che i Consiglieri espressione dei gruppi consiliari non vincenti alle elezioni debbano essere denominati, più propriamente, “di minoranza” e non “di opposizione” in quanto il potere loro concesso ed esercitato in virtù del mandato elettorale è conferito comunque da una parte (seppur minoritaria) dei cittadini con lo scopo di perseguire diritti ed interessi di tutta la collettività, stimolando il governo della Città perché possa funzionare al meglio e non ostacolandolo per farlo cadere. La loro collocazione nei gruppi di minoranza indica solo la provenienza “politica”, ma lo scopo della loro azione dovrebbe essere unico, e condiviso con la maggioranza, cioè la volontà di migliorare il benessere di tutti i cittadini, non solo di quelli che li hanno votati.

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Teresa Mantero

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