Da mesi, da anni, ma oggi più che mai, assistiamo a un massacro che si consuma sotto gli occhi del mondo: la Palestina brucia, la Striscia di Gaza è diventata una distesa di rovine e morte, e la comunità internazionale continua a voltarsi dall’altra parte. Quello che sta accadendo non è un’“operazione militare”, non è una “difesa contro il terrorismo”: è un genocidio pianificato, una pulizia etnica portata avanti dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, un governo che ha abbandonato ogni parvenza di democrazia per abbracciare una linea fascista, coloniale, razzista.
Questa non è autodifesa: è uno sterminio pianificato.
Dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas – un attacco che, nella sua gravità, ha comunque radici in decenni di occupazione, apartheid e umiliazione inflitte al popolo palestinese – Netanyahu ha lanciato una rappresaglia che ha travolto ogni limite. Nessuna distinzione tra combattenti e civili. Nessuna tutela per bambini, donne, malati. Ospedali bombardati, scuole distrutte, interi quartieri rasi al suolo. Migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, un’intera popolazione affamata, assetata, senza rifugi. Tutto questo sotto la complice protezione degli Stati Uniti e il silenzio vergognoso dell’Unione Europea.
Chi ha il coraggio di chiamarla ancora “difesa”? Quale Stato al mondo può giustificare l’uso di bombe a grappolo, armi al fosforo, assedio totale, fame, sete e distruzione sistematica con il diritto all’autodifesa?
La verità è una sola: si sta compiendo un crimine contro l’umanità, e i responsabili non sono solo Netanyahu e il suo governo, ma anche tutti quei governi occidentali che lo appoggiano, lo finanziano, gli forniscono armi e legittimità diplomatica.
Non si può più evitare il nodo politico e storico: l’ideologia sionista, che nacque per garantire un rifugio al popolo ebraico dopo secoli di persecuzioni e l’orrore della Shoah, si è trasformata – nelle mani delle destre israeliane – in un progetto di dominio etnico, in una pratica coloniale che nega il diritto all’esistenza di un intero popolo: i palestinesi.
Netanyahu e i suoi alleati dell’estrema destra – razzisti, omofobi, misogini, fanatici religiosi – non vogliono la pace. Vogliono la terra. Tutta la terra, senza palestinesi. Lo hanno detto apertamente: “Gaza deve essere cancellata”. Parlano di “animali umani”, come facevano i nazisti. Costruiscono muri, checkpoint, leggi razziali. Impongono un apartheid che Amnesty International, Human Rights Watch e persino relatori dell’ONU hanno ormai denunciato in modo inequivocabile.
Il coraggio della verità: Israele oggi è uno Stato d’apartheid, con un governo fascista.
Non basta più l’ambiguità. Non basta più invocare la pace in astratto. Occorre prendere posizione. E la verità va detta con coraggio: il governo Netanyahu è un governo fascista. Reprime il dissenso interno, perseguita gli arabi israeliani, militarizza la società, imbavaglia la stampa, strumentalizza l’Olocausto per giustificare ogni crimine.
Chi difende i palestinesi non è antisemita. È anticolonialista, antimperialista, umanista. È dalla parte della vita, dei diritti, della giustizia.
L’antisemitismo si combatte ricordando la Shoah e dicendo «mai più» a nessuno, non solo «mai più agli ebrei». Oggi quel «mai più» si infrange ogni giorno a Gaza, a Jenin, a Rafah, sotto le macerie e le bombe che Netanyahu lancia in nostro nome, con le armi vendute anche dall’Italia.
Il nostro Paese è complice perché vende le armi a Israele. Il nostro governo – da Meloni a Tajani – si allinea con Netanyahu in nome di una presunta “lotta al terrorismo” che è solo una copertura per l’espansione militare e il controllo geopolitico del Medio Oriente. L’Unione Europea, che si riempie la bocca di diritti e legalità internazionale, non impone sanzioni, non riconosce lo Stato di Palestina, non ferma il massacro.
Ma fuori dai palazzi, le piazze parlano chiaro: milioni di persone in tutto il mondo – e anche in Italia – gridano la loro indignazione, manifestano, chiedono il cessate il fuoco immediato, il ritiro israeliano dai territori occupati, la fine dell’embargo a Gaza, il riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.
Oggi non esistono più zone grigie. O si sta con chi bombarda, o con chi subisce. O si è dalla parte di chi colonizza, o dalla parte di chi resiste. La neutralità non è possibile. Il silenzio è complicità.
Noi stiamo con il popolo palestinese.
Con i bambini che non possono più andare a scuola.
Con le madri che scavano tra le macerie.
Con i medici che curano senza anestesia.
Con gli anziani che resistono nei campi profughi.
Con i giovani che, armati solo della loro dignità, chiedono giustizia.
Dobbiamo dire con forza:
- Cessate il fuoco immediato.
- Fine dell’assedio a Gaza.
- Sanzioni internazionali contro il governo Netanyahu.
- Riconoscimento pieno dello Stato di Palestina.
- Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità.
Un mondo giusto non può tollerare il genocidio.
Non si può parlare di giustizia climatica, di diritti sociali, di pace, di libertà, se si resta in silenzio davanti a un genocidio.
Non c’è alternativa alla fine dell’occupazione.
Non c’è pace senza giustizia.
Noi continueremo a denunciare, a mobilitarci, a lottare.
Perché la Palestina non è sola.
E perché, come disse Vittorio Arrigoni, il nostro compito è uno solo:
Restare umani.
Robbiano Laura – PRC
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Un commento su “Fermiamo il genocidio”
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Doloroso e intenso articolo