Il novese Luigi Bagnasco è appena tornato da una spedizione tecnica sul relitto del gemello del Titanic, affondato nel 1916 a 120 metri di profondità. Un’esperienza estrema tra storia, sfida umana e passione per il mare che potete leggere di seguito.
Cinquanta anni fa, nel dicembre del 1975, Jacques-Yves Cousteau ritrovava al largo dell’isola greca di Kea il relitto dell’HMHS Britannic, nave gemella del più famoso Titanic. Oggi, in occasione di quel ritrovamento, un piccolo gruppo di subacquei tecnici ha compiuto un’immersione straordinaria proprio su quel colosso del mare. Tra loro, Luigi Bagnasco, residente a Novi Ligure, appassionato di esplorazioni profonde e relitti storici, che ha voluto raccontare l’esperienza con l’intento di condividerla come testimonianza di sport, cultura e rispetto per l’ambiente marino.
Luigi è anche istruttore subacqueo presso la Asl Scuba Passion Tribe che opera presso la Piscina di Aquarium di Arquata Scrivia.

L’HMHS Britannic era il più giovane dei tre transatlantici della classe Olympic costruiti per la White Star Line: RMS Olympic, RMS Titanic e, appunto, Britannic. Varato nel 1914 nei cantieri di Belfast, all’inizio della Prima guerra mondiale fu requisito dalla Royal Navy e trasformato in nave ospedale, riconoscibile dal colore bianco dello scafo e dalle grandi croci rosse. Il 21 novembre 1916, mentre era in missione nel Mar Egeo, una mina tedesca ne causò l’affondamento in appena 55 minuti. A bordo si trovavano oltre mille persone: 1036 furono salvate, ma 30 persero la vita. Con i suoi 274 metri di lunghezza, il Britannic è la più grande nave affondata durante la Grande Guerra.
Oggi il relitto giace a circa 120 metri di profondità, in un’area regolamentata e protetta dal governo greco. «Tutti i relitti in Grecia sono considerati patrimonio culturale», spiega Bagnasco, «per questo ogni immersione va autorizzata preventivamente, con una precisa segnalazione alle autorità marittime. Il relitto si trova inoltre nei pressi di un canale di navigazione commerciale, rendendo le operazioni particolarmente delicate».

La spedizione, composta da otto subacquei, è stata organizzata in collaborazione con altre realtà subacquee internazionali e con il supporto del Capitano di Corvetta Gabriele Paparo della Marina Militare Italiana. Ogni partecipante era equipaggiato con rebreather, scooter subacqueo, quattro bombole di emergenza e altri strumenti per un totale di circa 150 kg di attrezzatura. «Solo per il trasporto dei materiali abbiamo dovuto organizzare due furgoni dedicati», racconta Bagnasco. «A terra serviva una base diving che potesse accogliere tutto il team, garantire supporto logistico e sicurezza. In acqua, era obbligatoria la presenza di un secondo gommone di emergenza, sempre pronto ad intervenire».
L’immersione vera e propria prevedeva 30 minuti di permanenza sul relitto e oltre tre ore di decompressione in risalita. Ogni minuto in più sul fondo avrebbe comportato un aumento esponenziale dei tempi di decompressione. Il mare, nel frattempo, cambiava continuamente volto. «Chi resta in superficie ha il compito di monitorare il tempo, perché un ritardo può significare un’emergenza. In acque aperte, con venti e correnti variabili, non si scherza. Il mare ha sempre l’ultima parola», sottolinea il subacqueo novese.
Il momento dell’esplorazione è stato emozionante. «Entrare nella promenade dei ponti superiori, vedere ancora sezioni con pavimentazioni in legno originali, passare sotto i supporti dei fumaioli, osservare le eliche di quasi 8 metri che oscurano la sagoma dei compagni… è qualcosa che lascia il segno», racconta Bagnasco. «Il Britannic non è solo un relitto. È un monumento storico, una sfida tecnica, un simbolo dell’ingegno e delle tragedie umane. Ma soprattutto è un luogo di memoria, rispetto e vita, perché il mare riesce a popolare anche i relitti più antichi con nuova biodiversità».
Durante la permanenza in Grecia, il gruppo ha esplorato anche altri relitti nella stessa area: il SS Burdigala, affondato poche settimane prima del Britannic sempre a causa di una mina; il SS Patris, noto anche come St. Remi; e il SS Monrosa, piroscafo italiano della Seconda guerra mondiale.
Per Luigi Bagnasco non è la prima spedizione tecnica. In passato ha preso parte all’immersione nei relitti della Laguna di Truk, teatro dell’operazione Hailstone durante la Seconda guerra mondiale, e a un’esplorazione nel Lago di Bourget in Francia sul relitto di un aereo tedesco Focke-Wulf 58c, perfettamente conservato grazie all’acqua dolce e alla bassa temperatura del fondale.
«La subacquea non è uno sport competitivo», conclude Bagnasco. «È un’attività aggregativa, dove nessuno è più bravo degli altri. Ci si immerge in gruppo, ci si aiuta, ci si fida. E si torna a galla con una consapevolezza diversa, con occhi più pieni di meraviglia e cuori più vicini».
Oggi si stima che solo circa 300 subacquei al mondo abbiano avuto l’opportunità di visitare il Britannic in questi 50 anni. Tra loro, c’è anche un cittadino di Novi Ligure.
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