“Ma loro scenderebbero in piazza per noi? Ci sono altre cose più importanti! Perchè non manifestate per il lavoro o per la salute?”. Questo sono le contestazioni più “intelligenti” che ho sentito alla mobilitazione nazionale che abbiamo visto – e alcuni partecipato – in questi giorni. Poi ci sono i geni dell’innovazione che tirano fuori frasi del tipo “prova tu a fare in Palestina quel che loro fanno qui da noi e vedi che ti succede” oppure “se ti piacciono così tanto i Palestinesi portatene a casa uno”. Su questi, non possiamo che stendere un pietoso velo.
Diciamoci la verità, a noi perché dovrebbe importarci del fatto che a Gaza siano morti, dall’inizio del conflitto, circa 66 mila persone (di cui oltre 16 mila bambini)?
Davvero, perché ce ne importa?
La striscia di gaza è grande 365 chilometri quadrati e contiene 2,1 milioni di abitanti. Riflettiamo innanzitutto su questo: ma quanto è grande? Come l’Italia? Come il Piemonte?
É grande come un decimo della provincia di Alessandria. Più precisamente, la striscia di Gaza è grande il doppio della città di Alessandria. In quel piccolo pezzo di terra, ci sono 2,1 milioni di abitanti. È come se nella nostra provincia ce ne stringessimo 18 milioni.
Quindi, abbiamo un pezzo di terra minuscolo senza risorse, stretto tra il mare ed uno stato nemico, in cui c’è una popolazione enorme.
Ce ne importa per restare umani. Perché non siamo indifferenti di fronte a tanto dolore, a tanta violenza. Perché sappiamo che oggi capita a loro, ma un domani potrebbe capitare ad altri, anche a noi. Perché sogniamo un mondo più giusto, dove comandino la ragione e il dirotto, e non il più forte, il più aggressivo, il più armato.
“Io credo che chiunque di noi, se fosse nato in un campo di concentramento, e da 50 anni non potesse dare alcuna prospettiva ai propri figli, oggi sarebbe un terrorista” non lo ha detto Arafat, o qualche altro pericoloso estremista islamico, ma lo ha detto Giulio Andreotti, nel 2006.
Quando in Italia, nel 1938, furono approvate le leggi razziali, non si levarono voci contrarie. Per paura, per condiscendenza, per condivisione. Una vergogna che ancora oggi io sento sulle mie spalle di Italiano. Tacere oggi su quanto succede a Gaza, avendo la fortuna di vivere in uno stato democratico, non è ammissibile. Chiedere al nostro governo di schierarsi nettamente contro quello che sta succedendo, e chiudere ogni rapporto commerciale e diplomatico con Israele, è giusto. Se ogni stato dicesse chiaramente ad Israele che ha superato ogni limite, se esistesse una ancora più grande forza di pressione internazionale, si aiuterebbe il processo di pace.
Siamo scesi in piazza in tanti. Due milioni, forse più, forse meno. Tantissimi, come non si vedeva da tempo.
La Presidente del consiglio, forse presa da un po’ di megalomania, ha sostenuto che le manifestazioni fossero in realtà orchestrate dalla sinistra contro il suo governo. Anche le barche della flotilla, con equipaggi provenienti da 48 nazioni, navigavano verso Gaza contro di lei. Dopo averci ripetuto per anni “andate ad aiutarli a casa loro” ora che qualcuno ci prova, è un criminale.
Spiace solo che, in mezzo a tanta gente che ha ritenuto un dovere manifestare pacificamente contro la guerra, sia sceso in piazza anche il solito manipoli di utili idioti, che amano spaccare vetrine o tirare sassi alla polizia. Utilissimi per dare il modo al governo di definire tutti come violenti, interessati solo a spaccare e danneggiare. Idioti – nel senso del termine – non lo so se lo siano davvero. È ovvio che sappiano che questi atteggiamenti violenti danneggiano tutto lo spirito delle manifestazione. Se continuano a farlo, è perché è proprio quello il loro obbiettivo: dare modo al governo di etichettare tutti come violenti estremisti. Sono loro i migliori alleati del governo e di Netanyahu, e lo sanno.
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Un commento su “Ma che ci importa di Gaza?”
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Mentre tutta italia scioperava e manifestava bloccando in maniera pacifica strade, stazioni e attività commerciali a novi si pensava al baccalà accomodato. Qui non è successo nulla, per il più grande outlet europeo è stato un giorno come un altro, è stato un giorno come un altro anche per la più importante acciaieria di italiana e per i suoi lavoratori, tanto cari alle associazioni sindacali locali, la verità ragazzi è che di gaza ai novesi non interessa niente. Il falso buonismo della sinistra novese, che preferisce organizzare una conferenza invece di scendere in piazza è la dimostrazione dell’indifferenza verso quello che dovrebbero essere interessi comuni, l’età pensionabile, lo stipendio minimo, il diritto al lavoro e alla salute.
Voi non siete scesi da nessuna parte, avete lasciato che siano stati gli altri a scendere in piazza. Oggi sta succedendo a loro ma siamo sicuri che non stia già succedendo a noi?