Fondi si, ma a quale ricerca? Pubblica o privata?

Il 18 novembre scorso la Pfizer- BIONtech annunciava i risultati definitivi della fase III della sperimentazione del vaccino anti Covid19: efficacia nel 95% con pochissimi e non gravi effetti collaterali. Le borse sono schizzate in alto e autorevoli fonti finanziarie (Corriere Economia-Finanza del 20 novembre, CNM Businnes) hanno scritto che Albert Bourla, il Ceo della compagnia, ha subito venduto i suoi benefit azionari, con un discreto guadagno. Una logica peraltro perfetta e lecita nel sistema economico finanziario statunitense.

Ovviamente le altre compagnie farmaceutiche interessate al vaccino, citando le maggiori Moderna e Astra-Zeneca- o vaccino Oxford- hanno fatto gli stessi annunci, mettendosi in competizione; la Food and Drug Administration americana e gli analoghi enti preposti negli altri paesi sono sotto pressione per le richieste di concessioni di licenza e commercializzazione. Ne è iniziata la corsa agli acquisti, un po’ a scatola chiusa, mi pareIl problema è che riviste autorevoli come The Lancet e British Medical Journal stanno pubblicando lavori critici sul disegno dei trials che hanno testato i vaccini (soprattutto quelli USA, e di striscio anche Oxford…) e sulla poca trasparenza nelle trattative per la concessione delle licenza e della commercializzazione.

I consulenti, di Pfizer affermano che il disegno dello studio è stato disegnato in piena emergenza con lo scopo di ottenere un vaccino sicuro e che riducesse in maniera significativa il rischio di morte. Una volta tamponata l’emergenza, si sarebbe provveduto a riaprire lo studio, per renderlo più completo.
Diffondere queste informazioni in un paese come il nostro dove la schiera dei no vax, negazionisti e terrapiattisti vari è purtroppo ben rappresentata, mi sembra pericoloso, ma in qualche modo andrebbe fatto. Inoltre tutte i report scientifici sono facilmente disponibili in rete, per chi volesse prenderne visione.
Premetto che personalmente sono favorevole alla campagne vaccinali e non ho preclusioni aprioristiche di nessun tipo; fare chiarezza vuol dire creare fiducia e chi è in grado di farlo perché ne ha le competenze e le possibilità, comunità scientifica e media, devono contribuire a costruire questa fiducia, per non lasciare campo a incompetenza e faziosità. 

Vorrei piuttosto approfittare di queste notizie per agganciare un’altro discorso: quello del finanziamento della ricerca. Durante la prima ondata, nel vasto mare delle banalità che si sono dette, le più frequenti erano: più fondi alla ricerca e alla sanità e basta. Ovviamente tutti d’accordo. Argomenti di pressante interesse solo in condizioni di disastro sanitario. 
Poi di fatto, ogni anno questi fondi calano e nessuno se ne interessa più.
Le domande che io mi pongo sono: fondi si, ma a quale ricerca? pubblica o privata? Fondi si, ma a quale sanità? pubblica o privata? E fino a quando nel nostro paese potranno convivere una sanità pubblica e privata, entrambe sovvenzionate dalla fiscalità generale ( il privato in Italia è per il 70% convenzionato)? E in che rapporto? Complementare o sostitutivo?

L’allocazione delle risorse riveste oltre che rilevanza politica e sociale, anche etica, trattandosi della salute dei cittadini, che la nostra carta costituzionale e molti Trattati sovranazionali garantiscono di proteggere.

Ma parlare di etica nella nostra società politica è fastidioso (subito nelle scuole come libro di testo: Politica come professione di Max Weber. Scusate l’entusiasmo ma io amo quel librettino), ma cosa vai a cercare altri sono i problemi, ma forse è proprio ponendo attenzione su questi aspetti che si potranno raggiungere determinati obiettivi.

Nella ricerca come nella sanità le imprese private cercano lecitamente profitto,  mentre il pubblico ha come obiettivo il benessere e la salute dei cittadini; i due target sono completamente opposti, anche se apparentemente convergono sullo  stesso obiettivo. Recentemente due grandi multinazionali, delle poche che ormai controllano completamente il mercato mondiale, hanno rinunciato alle ricerche sul Parkinson e sull’Alzheimer per mancanza di riscontri utili quindi non più remunerative; sotto quindi alla ricerca di altri obiettivi, come in una indagine di mercato. 

Lecito in un’ottica mercantile; se vogliamo anche i vaccini come quello anti covid- 19, ricerca per altro finanziata ampiamente dal pubblico, forse non rappresentano il core business di queste aziende; un farmaco antiipertensivo, cardiaco vascolare, antilipedemico, antitumorale è molto più appetibile perché si somministrerà per moltissimi anni ancora in tutto il mondo (almeno in quella parte che se lo può permettere) in quantità enormi, poi scaduto il brevetto, se ne cercheranno altri..
A meno che non si punti sulla prevenzione, cosa che alle multinazionali ovviamente non interessa. 

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Giacomo Orlando

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