A scuola fino a fine giugno? Riflessioni un po’ arrabbiate

Premettiamo che siamo nel campo delle indiscrezioni, non sappiamo nemmeno chi sarà il prossimo Ministro dell’Istruzione, e già è uscita una “soffiata” sul mondo della Scuola in base alla quale le lezioni in presenza verrebbero prolungate fino a fine giugno.
È un’indiscrezione, prendiamola per quello che è, magari non se ne farà nulla o magari avrà mille distinguo, fatto sta che nella mia testolina ha prodotto alcune riflessioni, poco benevole direi, perché anche gli insegnanti in pensione s’incazzano, non solo le formiche.
Arriverò subito al punto della questione, poi ci ragionerò attorno (con calma? Non ve lo assicuro, come viene viene): si tratta dell’ennesima mancanza di fiducia sull’operato della Scuola.
È una cosa che mi fa arrabbiare, che mi ha sempre fatto arrabbiare perché non è nuova.
Non c’è niente da fare, si sprecano parole parole parole, come dicono Papa Francesco e Mina, ma la sostanza non cambia, dalle alte sfere ai bassifondi impera il pregiudizio che i docenti non lavorino, che insegnare sia un piacevole passatempo.
Per una vita mi sono sentita dire di fare tre mesi di vacanze estive, di lavorare solo 18 ore alla settimana, insomma di essere una sorta di privilegiata.
Un privilegio invero l’ho avuto ed è stato quello di svolgere uno dei mestieri più belli del mondo e vedete ho usato la parola mestiere perché evoca di più la fatica e il sudore. 
Sì, insegnare stanca, come avrebbe detto Cesare Pavese, è un impegno faticoso, talora anche stressante, se svolto con senso di responsabilità e dedizione. Ecco perché è così avvilente che tutto questo non venga compreso e che gli insegnanti rivestano un ruolo sempre meno stimato e di conseguenza meno retribuito e tutelato.
Questo è il nucleo di questa mia invettiva, ma torniamo all’attualità e alla proposta in oggetto.
Prima osservazione: se si pensa di “recuperare” lezioni non svolte è come dire urbi et orbi che la ormai famosa DAD, la didattica a distanza, non ha funzionato.
Già mi ero parecchio infuriata quando la Ministra Azzolina, nella sua smania di riapertura, aveva espresso la discutibile opinione che “la DAD non aveva funzionato”. Ma come mi ero detta, la primavera scorsa questa modalità d’insegnamento era la panacea universale e ora non vale più niente?
Capiamoci, è chiaro che la didattica in presenza è certamente mille e mille volte migliore di quella telematica e a distanza, ma, anche se sono in pensione, so che i miei colleghi si sono fatti un discreto “paiolo” per organizzarsi e svolgere al meglio il loro lavoro davanti a uno schermo. 
So per certo che hanno lavorato di più, che si sono dovuti reinventare, hanno dovuto fare appello a tutte le loro risorse, per non far mancare nulla ai propri allievi.
È così vero che una mia ex collega, Laura Farabollini, docente di lettere alla Scuola media Boccardo di Novi ligure (IC2), ha conseguito il prezioso riconoscimento di ‘eroe dell’insegnamento” per il suo impegno proprio nella didattica a distanza, segnalata al proposito da studenti e famiglie. 
Ora se la DAD è stata svolta in modo serio e coscienzioso perché considerare quei giorni di lezione come qualcosa da recuperare?
Perché tra l’altro non solo i docenti, ma anche studenti e famiglie hanno lavorato per far sì che la didattica a distanza facesse il minor danno possibile, quindi perché?
Diamo per scontato che non si parli di prolungamento per le elementari e le classi delle medie che hanno frequentato in presenza, ma anche per le superiori ribadisco ancora: perché?
Se il discorso fosse relativo alle problematiche che investono gli alunni che non sono riusciti a tenere il ritmo con le lezioni telematiche, per problemi personali, mancanza di strumentazioni informatiche o per problemi di connessione, tecnicamente si dovrebbe parlare di “corsi di recupero” (eh sì, basta parlare a vanvera e, se non sapete cos’è la vanvera, cercate su google) e questi corsi, non per dire, nelle scuole si fanno già e nemmeno da poco tempo.
Quindi gira e rigira quel protrarre le lezioni a fine giugno (ma chi propone queste cose è mai stato in un’aula con trenta o più gradi ?) è un’ennesima grande offesa ai docenti italiani e… state pronti perché sto per svelarvi un grande segreto: i medesimi in quel periodo sono a scuola e al lavoro, a fare esami, a formare le classi per partire a settembre, a progettare e concludere progetti (se fanno una cosa non è che possono fare anche l’altra, eh) perché le loro ferie, compreso ferragosto, sono di poco più di trenta giorni.
Non ci avevate mai pensato che “dietro” c’è tutto questo impegno, che non si può accogliere gli alunni nelle classi, senza averci lavorato? Che non è possibile sedersi in cattedra senza aver preparato una lezione, senza aver predisposto delle verifiche, senza aver corretto le medesime verifiche?
Non sto a elencare tutti gli altri compiti che gli insegnanti svolgono oltre quelle famose e famigerate 18 ore e quanto la DAD li abbia incrementati, non serve.
Serve invece maggior rispetto, maggior stima per chi svolge questo mestiere (se ci sono casi “discutibili”, vengano presi i giusti provvedimenti), perché i docenti sono come tutti gli altri lavoratori, e se lo smart working non viene messo in discussione per le altre categorie, sarebbe buona cosa che non lo fosse messo anche quello del mondo della scuola.

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Maria Angela Damilano

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