Cit, non tutto è dovuto e necessario

Seguo con interesse le vicende dell’azienda dei trasporti, avendone fatto parte del consiglio di amministrazione sotto la presidenza del compianto Romano Cabella e con l’ex assessore al bilancio professor Federico Fontana.
Durante l’amministrazione di Romano Cabella si sono portati a compimento grossi impegni: la realizzazione della nuova sede operativa al Cipian e il Novi-Centro, detto anche Movicentro. Il primo consiste in una struttura completa di infrastrutture ed attrezzatura adeguate per stazionare e gestire la flotta di autobus , automezzi complementar, mezzi per il servizio funebre e per la manutenzione con un moderno ed autonomo autolavaggio. 
La seconda struttura , denominata Novi-Centro, è un’opera di parcheggio sotterraneo antistante la stazione abbinato con le necessità dei pendolari che viaggiano per motivi di lavoro.

Già da allora il bilancio dell’azienda si chiudeva in passivo per il trasporto sia per quello urbano che per quello extraurbano , i cui ricavi erano insufficienti ed il consorzio dei comuni copriva il disavanzo.
Consapevoli della difficoltà economica degli enti, per limitarne le passività, si dette massima espansione al trasporto turistico e si incrementò il servizio funebre; si propose inoltre di gestire i servizi cimiteriali di tutti i comuni aderenti ma senza successo. L’attaccamento al campanilismo non è facile da intaccare.
Comunque con Cabella si operò per un’amministrazione parsimoniosa ed aperta all’espansione delle attività attive. Con la successiva amministrazione si completava il parcheggio sotterraneo e l’amministrazione cominciò ad avere un indirizzo più burocratico, direi perfino meno parsimoniosa.

L’azienda così come è concepita attualmente non può salvarsi. E’ basata su una erogazione di servizi sociali, poco utilizzati , le spese sono esuberanti rispetto alle entrate e le attività attive: trasporto turistico, parcheggi, onoranze funebre non sono sufficienti. È pur vero che che le varie località extraurbane devono essere collegate con un servizio di trasporti regolari, ma questo compete alla fiscalità generale ed in questi casi alle regioni che ne devono coprire i costi. I proventi di esercizio non sono sufficienti nemmeno a coprire l’acquisto dei carburanti e la quota che la regione riconosce, è insufficiente. Nel marasma di regole e regolette in cui è ripartito il bilancio non credo che vi siano mai fondi a sufficienza. La pubblica amministrazione deve necessariamente essere rivista, i comuni devono essere accorpati in enti di bacino e gestiti con un ordine di priorità tra quello che si deve necessariamente fare e quello che non si può fare . Il trasporto urbano può essere completamente a carico dei comuni che lo devono amministrare con scrupolosa parsimonia ed efficienza, evitando ogni forma di spreco e di inefficienza e le risorse dai proventi: parcheggi, servizi cimiteriali e altre attività attive compatibile, in modo che il bilancio venga chiuso in modo sostenibile. Si deve porre fine alla pratica di presunti manager dalle prebende assurde e di codazzi di consulenti, amici degli amici. Le maestranze devono formarsi all’interno delle aziende e valorizzati, forgiati dall’esperienza sul campo con responsabilità ben definite. Anche i sindacati si devono adeguare ad una condotta responsabile in simbiosi con la gestione. Dobbiamo invertire il pensiero che tutto sia dovuto e necessario. Va introdotto la regola del possibile con le risorse disponibili, effettuando delle scelte di priorità fra ciò che è indispensabile e ciò che lo è un po’ meno.

Fino a che l’organizzazione del territorio rimane un mosaico di minuscole amministrazioni, qualsiasi forma di gestione richiede un continuo aumento di risorse e non migliora rivolgendosi al privato, anzi si corre il rischio della bancarotta. La pandemia ha mostrato il vero volto dei guasti, di tali apporti, nella sanità e nell’acqua.

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Francesco Giannattasio

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