Diva Barisone, da Novi a Princeton passando per la Cina e la Russia

Quando parli con Diva Barisone, novese classe 1998, non ti sembra di parlare con una ragazza di soli 22 anni: talento, esperienza italiana e internazionale, tanti sogni, progetti e sensibilità verso tematiche importanti, prime fra tutte le disuguaglianze e i bambini. 

Dopo il diploma al liceo Amaldi, Diva sceglie l’Università Bocconi e il corso di laurea in lingua inglese in International politics and government, ossia un corso di Scienze Politiche improntato sull’economia politica. Quasi una dote quella per le lingue, una scoperta casuale «Ho imparato l’inglese alla fine delle medie: ero fissata con Harry Potter, così mi sono messa a guardare film e leggere libri in inglese e l’ho imparato abbastanza facilmente». Nel 2020 Diva partecipa a uno scambio con l’università di Princeton. Sei mesi che si allungano a causa della pandemia «Nell’aprile 2020 è scoppiata l’emergenza, ho deciso di rimanere lì nonostante l’università fosse praticamente chiusa e da più di 4000 studenti fossimo rimasti qualche centinaio, con gli esami da sostenere on-line. Tornare nell’incertezza però non aveva senso».

Nell’estate 2020 si laurea con una tesi che tocca proprio il tema della pandemia, focalizzandosi sulle disuguaglianze. Diva si chiede infatti quali potessero essere sui giovani le conseguenze della chiusura delle scuole e cosa si sarebbe potuto fare alla riapertura per sopperirvi «Mi sono basata sulla letteratura in quanto era troppo presto per avere dei dati. Mi piacerebbe tra qualche anno, però, riprendere il lavoro e andare a studiarli. Dalla mia tesi è venuto fuori che la pandemia ha avuto un notevole impatto negativo sulle disuguaglianze: se un bambino non ha aiuti, mezzi tecnologici e possibilità economiche è molto più svantaggiato. Per sopperire a questi danni ho ipotizzato quello che il governo avrebbe dovuto fare alla riapertura, ossia non chiudere nuovamente e attivare corsi aggiuntivi per chi era rimasto indietro».

Diva Barisone

Durante la triennale un’altra esperienza ha segnato la vita di Diva, lasciandole un segno profondo. Un’esperienza di volontariato con Telefono azzurro «Il progetto si chiama “Bambini in carcere” e permette alle madri con reati non violenti di stare in carcere con i propri figli minori di 6 anni, collocati in una parte distaccata del carcere o in altri edifici; sembrano quasi delle case famiglia, i poliziotti sono in borghese». Le madri non possono uscire e i volontari come Diva portano i bambini in giro, ad esempio al parco giochi. «Vedere il mondo esterno per loro è un’opportunità di crescita. L’unica nota dolente è stato vedere molte prime volte dei piccoli senza la loro mamma, anche solo uno scivolo o un’altalena. Purtroppo per privacy non si possono nemmeno fare foto da portare alla mamma. Prima di iniziare questa esperienza ero un po’ impaurita dal carcere, per un pregiudizio che spesso se ne ha, invece se ci sei dentro ti rendi conto che queste donne in primis sono esseri umani con le loro emozioni».

Diva fa anche parte di Intercultura, associazione con la quale ha partecipato a uno scambio di un anno in Cina quando era al liceo. Oggi con loro promuove scambi tra studenti, aiuta i ragazzi nel processo che precede lo scambio, li accoglie al loro arrivo in Italia «Una delle attività più belle è andare a Roma ad accoglierli in aeroporto, sapere che si è una delle prime persone che vedono e aiutarli ad ambientarsi. È una grande emozione».

A settembre 2020 Diva si iscrive, sempre in Bocconi, alla laurea magistrale in Economical and social sciences, un percorso economico più improntato sul sociale. E ad agosto, ultimato questo percorso di studi, partirà nuovamente per Princeton. «Dopo un lungo processo di selezione iniziato a ottobre, sono stata selezionata per un progetto di Senior Research Specialist, un predoctorial fellowship. Non si tratta di una vera e propria borsa di studio, ma di un lavoro full-time come assistente di ricerca per due professori che si occupano soprattutto di economia del mondo del lavoro e di disuguaglianze. Si tratta di un lavoro che fa da ponte tra la magistrale e il dottorato e prepara a quest’ultimo soprattutto dal punto di vista pratico. Il dottorato di economia negli Stati Uniti dura 6 anni, di cui 2 di corsi e 4 in cui si fa assistenza all’insegnamento, si scrivono ricerche e un elaborato finale molto lungo». 

Come si vive a Princeton? «Si sta bene, l’università è molto multiculturale, la cittadina in sé meno. Personalmente per quanto riguarda gli Stati Uniti in generale non ho in mente l’utopia che ne hanno tanti Italiani come terra di libertà e opportunità. Certamente per quello che voglio fare io ci sono più possibilità, ma dopo il dottorato mi piacerebbe tornare in Europa, lavorando magari in diversi atenei. Mi piace moltissimo viaggiare, soprattutto andare in posti poco scontati. Per esempio nell’estate dell’ultimo anno di università ho fatto la cameriera in Russia».

Bambini e pari opportunità sono le tematiche che, come dicevamo prima, le stanno più a cuore «Forse un po’ per la mia esperienza personale. Non ho un background particolarmente svantaggiato, ma nella mia famiglia sono la prima persona ad aver avuto la possibilità di studiare. Ringrazio tantissimo tutti gli insegnanti che ho incontrato nel mio percorso di studi, mi hanno aiutata tantissimo e i loro consigli spesso mi hanno cambiato la vita. Vorrei che tutti avessero questa opportunità e non che il successo dipenda dal tenore di vita e dal livello culturale della famiglia di provenienza. Sono tanti gli studi che affermano che il momento più importante per la crescita dei bambini è addirittura la scuola dell’infanzia, le basi si creano da piccoli. Mi piacerebbe rendere più belle le scuole e più felici tutti i bambini».

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Benedetta De Paolis

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