C’eravamo tanto amati…

La marcia verso le elezioni amministrative della prossima primavera sembra aver prodotto finalmente qualche atto concreto. Dalle nebbie degli ultimi mesi, infatti, sono sbucate le prime indicazioni sugli schieramenti e sui candidati in competizione. Deve essere chiaro: la campagna elettorale è solo all’inizio e per le forze politiche coinvolte vale, anche se in modi diversi, l’accortezza di mostrarsi prudenti, nella convinzione che non tutto al proprio interno o in seno a una potenziale alleanza sia stato appianato.

A sinistra la scelta di indicare Rocchino Muliere alla carica di sindaco ricostituendo la coalizione che fa perno sul Partito democratico è senz’altro un buon inizio, soprattutto dopo mesi di incertezza sul nome del candidato e sulla collocazione della lista 20 per Novi. Una prospettiva fondata più sull’esperienza e sulla tradizione di «buon governo» che sul rinnovamento del ceto politico, ma in grado di archiviare la deludente parentesi dell’amministrazione a trazione leghista del recente passato.

Certo, pesa – secondo alcuni – l’impossibilità di estendere l’alleanza al M5S. Una prospettiva francamente poco realistica nella fase politica attuale, come si è visto nelle elezioni dello scorso settembre e nelle fresche competizioni regionali in Lazio e Lombardia. Una prospettiva inesistente, a Novi, alla luce delle dichiarazioni rilasciate alla Stampa il 12 febbraio da Lucia Zippo, esponente locale del M5S, che vale la pena di citare per soccorrere gli smemorati. «A noi – queste le parole dell’impareggiabile Zippo – è arrivata da Roma l’indicazione che solo se il Pd avesse espresso totale fiducia nei nostri confronti e un atto di umiltà, si sarebbe potuto fare l’accordo». Avete letto bene: «da Roma», «totale fiducia», «atto di umiltà». Un diktat che forse solo Putin con gli ucraini … Mica male per quelli che «uno vale uno». A questo punto potrebbe essere di qualche utilità dare un’occhiata alle percentuali dei voti espressi nel 2019 e nel 2022: nel primo caso, il M5S sfiorò a Novi il 15 per cento, nel secondo, solo pochi mesi fa, i grillini si sono assicurati il 12. C’è da pensare che, con la legge elettorale per i comuni e quello che sembra essere il trend attuale, il M5S corra solo per partecipare.

Però questi sono dettagli, perché la parte divertente della questione è collocata un po’ più a destra. E la novità – almeno per adesso – si incardina sul ruolo che vorrebbe avere FdI a Novi: un partito, non lo si dimentichi, figlio di quel Movimento sociale italiano che da queste parti non è stato mai particolarmente amato. Una compagine che nel settembre scorso ha comunque raggiunto il 24 per cento dei suffragi, in città, superando di un punto il Pd, e che aveva nel 2019 soltanto il 3,6. Il dato interessante, in effetti, è proprio questo: i fratellini d’Italia sono cresciuti, godendo del dividendo politico che assicura di questi tempi il voto «liquido» e fluttuante, senza poter contare su credibili leadership locali. L’aspetto più rilevante, però, è la scelta del coordinatore provinciale di FdI, Federico Riboldi, di allearsi con Marco Bertoli e il suo movimento civico Solo Novi, pur responsabili della caduta dell’amministrazione di destra dell’ex sindaco Cabella. Una scelta, va da sé, che ha suscitato la stupefatta reazione di Forza Italia e della Lega di Salvini. I fratellini avrebbero potuto lasciare al suo destino Bertoli – particolarmente inviso al leghista Perocchio e al forzista Accili, che ritengono sia un traditore – e promuovere la coalizione con le altre due forze di destra, certi di poter conquistare il primato in seno all’alleanza. Ma accollandosi per intero anche il fallimento della giunta dell’ex sindaco Cabella. Questo, evidentemente, non è stato il calcolo di Riboldi, che ha visto in Bertoli soprattutto un valido appoggio per il suo partito, a Novi collettore di voti ma privo di un ceto politico all’altezza. Un’ipotesi di questo tipo era già stata ventilata l’anno scorso da chi scrive («Parliamo un po’ di Marco Bertoli», sul Moscone del 23 luglio 2022). «La sua forza – si scriveva allora facendo riferimento all’alleanza tra Solo Novi e FdI – è anche la sua debolezza. Perché giungere al ballottaggio sarebbe un successo straordinario, per Bertoli e per FdI, ma porrebbe la questione se sia possibile che uno schieramento di destra lacerato e soprattutto incanaglito da rapporti personali così deteriorati, potrebbe convergere al secondo turno».
In un contesto caratterizzato dalla probabile frammentazione delle liste – alla sinistra, al M5S e a FdI si potrebbero aggiungere Lega e Forza Italia e il Terzo polo – non è difficile prevedere che al ballottaggio si giunga dopo una competizione accanita e che la scelta, soprattutto per l’elettorato di destra, sarà assai sofferta. La scommessa di FdI, cinica ma dotata di una propria razionalità, sembra essere la ricerca di un’affermazione di partito sulle macerie di Lega e Forza Italia, anche a costo di perdere la battaglia per le amministrative. Il risultato di questa competizione elettorale, dunque, sarà probabilmente aperto e non preordinato, a destra e a sinistra. Ma in un certo senso Marco Bertoli ha già vinto poiché oggi la sua proposta politica è viva e i suoi principali avversari sono al tappeto con le ossa rotte. 

Tuttavia rimane da vedere quale ruolo potrà avere in futuro, all’interno di una compagine i cui equilibri e i cui obiettivi non hanno un carattere puramente amministrativo: Bertoli sembra uno spirito un po’ troppo libero per essere inquadrato in progetti di partito che, forse, gli sono estranei. C’eravamo tanto amati… c’eravamo poi lasciati…

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Francesco Montessoro

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