Possiamo ancora permetterci l’autonomia sanitaria?

Dato il particolare momento di stress sanitario, esteso su tutto il territorio nazionale, viene spontaneo riflettere sulla disuguaglianza di assistenza, in relazione alla configurazione del Paese e capire come siamo arrivati a renderla inefficiente e confusionaria da apprezzata e presa a modello.
Tutto ebbe inizio con la revisione della costituzione e l’introduzione delle norme dell’articolo quinto, con il quale il servizio sanitario da nazionale diventava regionale con le Regioni che ne assumevano la gestione con annessi e connessi.
Dalla gestione autonoma, le regione più ricche ne traevano vantaggio, già evidente operativamente, con una sanità ad uno standard di efficienza di tutto rispetto, in confronto alle meno sviluppate.
La politica, indirizzava le scelte riorganizzative verso la realizzazione di grossi nosocomi, modernamente strutturati ed attrezzati, per garantire concentrazione di cure eccellenti non possibili nei modesti ospedali locali, anche per utilizzare al meglio le risorse elargite dalla fiscalità generale.
Si dismettono e si accorpano le piccole strutture, limitando le cure di prossimità che, garantivano assistenza con la caratteristica attenzione all’individualità umana del paziente che non è, un aspetto secondario .
Le regioni meridionali sono rimaste indietro, non hanno sviluppato un servizio sanitario accettabile, anzi l’hanno peggiorano, dando ulteriore dimostrazione di una diversa realtà di inefficiente e cronici sprechi, guidata da una politica locale che alle necessità collettive non ha saputo o voluto dare soluzioni adeguate per ovviare ad una situazione di deriva assistenziale, pur con qualche distinguo per alcuni centri di indubbia efficienza.
In modo latente, i principi ispiratori di consentire alle regione autonomia di avvicinare le istituzioni alle esigenze dei cittadini venivano inquinati dalla politica neoliberista del centro destra. 
Politica che manipolava ad arte il regime di concorrenza confondendolo con quello di equità, in pratica la sussistenza con il lucro. Il centro sinistra si adeguava con motivazioni non sempre tutte nobili.
Prendeva corpo, il sistemico travaso di risorse economiche e professionali verso il privato che garantiva si più efficienza, ma assicurandosi settori speculativi in regime monopolistico.
Il principio di concorrenza è certamente sinonimo di efficienza, di stabilizzazione e progresso, se esplicitato tra privati in libero mercato, non inquinato da correttivi assistenzialistici.
Il regime sanitario deve riferirsi al principio di equità con il quale, si devono garantire le cure, senza esclusioni, per salvaguardare la salute di tutti, indipendentemente dalla condizione socio economica.
La pandemia ha messo a nudo il caotico contrasto di questa confusione e l’inefficienza della sanità regionale, incapace di fornire una risposta univoca alle esigenze nazionali.
La continua riduzione delle elargizioni di risorse, conseguente a politiche restrittive, l’accondiscendenza alla corruzione, la contrapposizione politica, la scarsa assunzione di responsabilità complice l’assenza dell’autorità istituzionale, ha determinato inefficienze sistemiche.
La corruzione e la collusione, dilagante in tutte le regioni, in alcune in modo brutale, in altre sofisticata e strisciante, meno apparente ma non meno insinuante e penalizzante, hanno prodotto danni irreversibili per le categorie più povere.
In sintesi, accedi alle cure efficaci con facilità se sei supportato economicamente, ma se hai una seria patologia e fai affidamento, solo, al servizio pubblico, ti devi scordare i tempi brevi. Per una visita specialistica devi sottoporti alla via crucis e sperare nella generosa umanità e professionalità dei tanti operatori.
La triste realtà ci mostra ancora una volta che la nostra democrazia non può funzionare se viene viene a mancare l’etica morale, l’onestà e il senso di responsabilità generale. Sono veri e propri pilastri ed a nulla servono leggi impositive se le Istituzioni non sono in grado di esercitare un severo quanto accurato controllo; inoltre ci possiamo continuare a permetterci l’autonomia delle sanità regionali?

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Francesco Giannattasio

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