Operazione Triangolo, arrivano le prime condanne sul traffico illecito di rifiuti sotto la lunga mano della ‘ndrangheta

L’operazione Triangolo avviata nel giugno 2015 dalla procura distrettuale antimafia di Torino verteva sul traffico illecito di rifiuti tra Liguria, Lombardia e Piemonte. 
Di questa indagine, come di altre in odore di ’ndrangheta, ho scritto spesso negli anni. Ecco ad esempio cosa scrivevo nel marzo 2016 sulle colonne del Novese: “Gli ingredienti ci sono tutti: rifiuti da smaltire, cave da riempire, autotrasportatori che si danno alla latitanza, imprenditori vicini a organizzazioni mafiose, indagini dell’antimafia. La storia ve la proviamo a raccontare, anche se sarebbe meglio attendere la fine delle indagini, i processi e le sentenze passate in giudicato. Il problema è che se aspettiamo il tempo che ci vuole, e in Italia è parecchio, questa storia ve la raccontiamo tra 10 anni. Almeno”.
Vediamo di rispettare gli impegni presi. A distanza di 6 anni dagli arresti, sono arrivate le prime condanne da parte di Lisa Castagna, giudice di Alessandria. Otto dei 19 imputati sono stati condannati. 
Nel giugno del 2015 i Carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) e la Forestale fecero scattare l’operazione Triangolo dopo un lungo percorso di indagini cominciato nel 2011 e coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Le indagini partirono grazie alle segnalazioni della “Casa della Legalità”, una associazione di cittadini che hanno costituito un osservatorio sulla criminalità e le mafie, sui reati ambientali e sulla trasparenza nella Pubblica amministrazione. Le indagini portarono alla luce un ingente traffico illecito di rifiuti, terre e rocce da scavo, derivati da lavori pubblici nel settore stradale e ferroviario e provenienti da siti di bonifica del genovese, torinese e del basso Piemonte che invece di essere smaltiti correttamente finirono in cave della provincia di Alessandria.

Al vertice dell’organizzazione – secondo gli inquirenti – erano l’imprenditore di Tortona Francesco Ruberto e il figlio Daniele, che in collaborazione con Sandro Gandini, titolare della Autostrasporti Gandini di Voghera, organizzarono il giro che portò allo smaltimento illecito di 250 mila tonnellate di rifiuti.
Secondo gli inquirenti, a gestire e ispirare tutto il sistema, la lunga mano della ’ndrangheta calabrese, sempre più radicata dalle nostre parti.

La procura chiese il rinvio a processo di Gino Mamone, residente ad Avolasca, gestore della Ecoge di Genova e di sua moglie Ines Capuana, residente a Canobbio, in Svizzera; Valerio Bonanno, titolare della Sap di Spinetta Marengo;Ugo Busi e Daniela Busi, alla guida della ditta Busi di Castelceriolo; Francesco Paolo Caovilla, di Sarezzano, dipendente della Franzosi Cave; Alessandro Cavanna, di Sant’Olcese, gestore della Ecoge; Giorgio e Alberto Franzosi, di Tortona, titolari del gruppo Franzosi; Sandro Gandini e Andrea Gandini, di Voghera, titolari della Autotrasporti Gandini e della Eurosabbie; Francesco Ruberto e Daniele Ruberto, tortonesi, alla guida delle aziende Idrotecnica, Ruberto Scavi, Ruberto Spa e Immobiliare Patrizia; Patrizia Guarnieri, moglie di Francesco Ruberto e titolare della Edilderthona; Giorgio e Christian Perasso, titolari della ditta di trasporti Perasso Giorgio di Arquata Scrivia; Mansueto Serreli, residente ad Alessandria, gestore della ex cava Vidori di Tortona per conto di Ruberto;Loredana Zambelli, di Serravalle Scrivia, responsabile, secondo l’accusa, del laboratorio Biogest di Novi Ligure; Laura Zerbinati, di Druento, consulente del gruppo Ruberto nella gestione rifiuti.

In base alle indagini, il laboratorio di analisi novese Biogest con sede, allora, in via San Giovanni Bosco e laboratori al Cipian, aveva avuto un ruolo chiave nel “giro” di illeciti. Il laboratorio avreb- be condotto le analisi sulle terre certificandole come non inquinate, ma secondo le accuse, la Biogest non sarebbe neppure stata in possesso della attrezzature necessarie per condurre le analisi.

Oggi possiamo cominciare a dire come è finita. Per i due Ruberto è arrivata la condanna a 4 anni e 6 mesi e 2 anni e 8 mesi. Gandini è stato condannanto a 4 anni e 8 mesi. Daniela Busi è stata condannata a 3 anni, Bonanno a 2 anni e 6 mesi, Serreli e Zerbinati a 2 anni. 
Per Loredana Zambelli è arrivata la condanna a 2 anni e 8 mesi e il divieto di svolgere l’attività di chimico per la durata della pena. Per tutti i condannati inoltre è arrivata l’interdizione dall’attività di gestori di rifiuti e divieto di fare contratti con la pubblica amministrazione per la durata della pena. Il giudice ha anche disposto il recupero della ex cava Vidori di Tortona a carico dei Ruberto, di Gandini e di altri. 
Non tutti sono stati condannati. Ha destato clamore l’assoluzione dei Franzosi, titolari del gruppo Franzosi di Tortona, che hanno già provveduto a bonificare la cava Viscarda di Sale. Assolto anche Gino Mamone, di Avolasca, già titolare della Ecoge di Genova, e sua moglie Ines Capuana. Assolti anche gli autotrasportatori di Arquata Scrivia Giorgio e Christian Perasso, ed è statoanche disposto il dissequestro dei mezzi della loro azienda. Esclusa ogni responsabilità per il laboratorio di analisi Biogest per cui lavorava Zambelli. 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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