Quando il Marenco tornerà ad essere un grande teatro…

Ho trovato molto stimolante il dibattito avviato dai due studenti, uno novese ed uno pozzolese, sul teatro Marenco. I due esprimono visioni contrapposte, del resto la storia ci insegna che tra Novi e Pozzolo raramente si va d’accordo. 
Innanzitutto, mi preme dire che avere due ventenni che si interrogano sul futuro del teatro è comunque un fatto molto positivo. 
Ma veniamo alle loro tesi. Lo studente pozzolese (che d’ora in poi chiamerò P) sostiene che il teatro deve essere anche il luogo per mettere in mostra le eccellenze novesi, come il lavoro degli studenti del laboratorio teatrale dell’Amaldi. Lo studente novese (che d’ora in poi chiamerò N) sostiene che il teatro deve lavorare a livelli ben più alti. 
N smonta la tesi di P abbassando il laboratorio teatrale liceale a proiezione delle ambizioni degli insegnanti. Ci va giù pesantissimo: “Un ristrettissimo ed esclusivo gruppo di insegnanti che ritiene di avere le migliori virtù di questo mondo quando in realtà ha il loro opposto: paraocchi invece di ampiezza di vedute, retorica invece di intelligenza, pressapochismo invece di preparazione”. 

Stimolato da P e N, entro anche io nel dibattito. I due giovani ci pongono due domande: la prima, che cosa farne del rinato Teatro Marenco. La seconda, un po’ meno importante, è se il liceo sia oppure no l’élite culturale della città. 
Partiamo dalla seconda domanda. A me la parola “élite” ha sempre dato allergia. Abbiamo bisogno di cultura, non di élite culturali. Tanto meno di élite che decidono da sole di esserlo. Ma il giudizio di N sui professori del liceo è secondo me profondamente ingiusto. Lo dico perché so quanto si impegnano al di fuori dei loro “compiti istituzionali” per il liceo e per i ragazzi. Potrebbero limitarsi ad andare in classe, fare le loro ore di docenza e via. La loro colpa è di essere attivi, propositivi, coinvolti? C’è un astio verso di loro che sembra andare sul personale, se non sul politico. Ingiustificabile, a mio parere, caro N.
Veniamo alla prima domanda. Che fare del Teatro? Il problema è che manca un progetto concreto. “Se il Filottete non era adeguato, lo era Farassino?” ci chiede P. Io credo che entrambi fossero inadeguati, e forse quello proposto da Graglia su Gipo Farassino è stata davvero una caduta di stile. Ma per fortuna, mi dicono, pochi sono andati a vederlo.
L’amministrazione comunale ha voluto inaugurare il teatro senza un progetto concreto, senza una stagione teatrale programmata e senza un budget per la stessa. Tutto questo si è tradotto in una fila di errori che hanno danneggiato il teatro. Dall’inaugurazione con la Panicucci, che al confronto il Filottete vale un oscar, allo spettacolo sul cantante leghista snobbato dal pubblico (lo spettacolo, non il cantante buonanima). Il teatro ha bisogno di costruirsi una fisionomia e il compito della fondazione Marenco è reso praticamente impossibile dalla mancanza di un budget e di un progetto da parte del comune. L’annuncio del sindaco di una stagione teatrale a partire da marzo, quando normalmente le stagioni teatrali si concludono, è stata la ciliegina sulla torta. L’amministrazione leghista ha voluto aprire il teatro solo per auto-celebrarsi in un momento di profonda difficoltà amministrativa, ma l’operazione di consenso si è trasformata in un boomerang, che ha consolidato nei cittadini la percezione della incapacità amministrativa leghista anche in ambito culturale. 

Ma è proprio per questo che condivido la tesi di N, e credo che la Fondazione abbia fatto bene a dire di no al nostro caro liceo. Il teatro Marenco oggi è amorfo (senza forma) e se si comincia ad ospitare tutto quello che si ritiene (o si auto-ritiene) degno di calcare il palcoscenico, sarà difficile un domani portare spettacoli di alto livello, se la percezione consolidata sarà quella di un teatrino comunale adatto alle recite scolastiche. Il nostro tanto atteso teatro Marenco finirà per essere continuamente tirato per la giacchetta, ora da una parte ora dall’altra. 
Quando invece il teatro avrà (chissà quando, ma non certo da marzo come propone il sindaco) una sua stagione di alto livello, allora sarà possibile declinare il teatro anche ad ospitare eventi più locali, nell’ambito di una programmazione condivisa. 
Quello di cui ora ha bisogno il teatro è di lavarsi di dosso le polemiche provocate da questa apertura che gli ha portato evidenti danni di immagine. La fondazione deve mettere le cose in chiaro con il comune, e considerare il concerto di Capodanno programmato per il 1 gennaio, che sarà il primo evento a pagamento organizzato, come il punto finale di questa fase. Dopodichè potrà ri-chiudere (ahimè, un male necessario) fino alla presentazione della stagione 2021-22, a partire da settembre o ottobre, avuto dal comune un chiaro budget da impiegare. Nel mezzo, prendere tutto il tempo necessario per risolvere i vari problemi: sul loggione, sulle autorizzazioni (se ancora ne esistono), e dotarsi anche di un assetto promozionale al livello di un grande teatro. In questi primi giorni è stato infatti evidente che ci sono problemi anche dal punto di vista di ufficio stampa, che non appare essere adeguato. Occorre un reset di sistema, cambiando tutto quel che c’è da cambiare, anche il direttore artistico se serve (sbaglio o il contratto è in scadenza?).

La nuova vita del teatro Marenco potrà così cominciare sotto i migliori auspici, cercando di far dimenticare ai novesi le polemiche di questa prima fase. Una volta che il teatro Marenco tornerà ad essere un Grande Teatro, potrà anche aprire le porte agli studenti del liceo. Non prima. 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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