Xe pèso el tacòn del buso

Il bibino, ee bibèin, ovvero il tacchino, piatto tradizionale della Fiera di Santa Caterina, quest’anno deve essere risultato indigesto al Sindaco Cabella e al suo Cavalier servente, il quale dovrebbe occuparsi dei conti comunali (il condizionale è d’obbligo, poiché, al momento, il giovinetto non ha ancora proferito verbo in merito alla questione dell’aumento TARI; riferiscono, però, che ci sta pensando).

Costoro già immaginavano di assaporare il tacchino arrosto… Ma la festa è stata guastata da una missiva del Csr (Consorzio Servizi Rifiuti), l’autorità che determina il Piano Economico finanziario, (norma in vigore dal 2020, chi governava la città?), sulla base del quale vengono stabilite le tariffe dei rifiuti che devono pagare i cittadini. Il Consorzio, di fatto, ha dato ragione (rincarando la dose) alle pesanti critiche mosse dai Democratici in merito alla approvazione e poi applicazione delle tariffe che i cittadini hanno trovato nella cassetta delle lettere sotto forma di modello F24. Opera del Comune di Novi, regnante all’Assessorato al Bilancio il Dott. Delfino, colui che, pacatamente, sosteneva “faso tuto mi”.

Che la “mirabile” Giunta avesse le idee poco chiare sul tema della tassa rifiuti lo si poteva intuire dal fatto che, a gennaio, in prima battuta, aveva approvato un aumento della tariffa, mentre a giugno l’aveva un po’ diminuita. Ora però, malgrado la riduzione stabilita a giugno, parrebbe che i cittadini avrebbero dovuto godere di una diminuzione della tassa rispetto all’anno precedente, e non certo sobbarcarsi un aumento. Per quanto riguarda gli importi dell’anno precedente, il Csr ha dichiarato che sono in corso ulteriori accertamenti, quindi ci potrebbero essere ulteriori sorprese. 

Non ci addentreremo nei numeri, basti sapere che la differenza tra quanto è stato applicato dal Comune nell’anno in corso e la cifra indicata dal Csr (alla quale il Comune doveva attenersi – lo sottolineiamo per coloro i quali si fossero distratti -) non ammonterebbe a 600 mila euro, come indicato dai Democratici, bensì al doppio. Attendiamo lumi dal giovin studioso in Giurisprudenza.

Pertanto, almeno per il 2021, si aprirebbero due problemi: un buco – neppure tanto piccolo – nel Bilancio comunale, che andrebbe ripianato, e la necessità (che si potrebbe considerare obbligo politico e morale) di rimborsare i cittadini. Il tutto con relativo aumento della spesa e del lavoro (che non è propriamente gratuito).

Il Sindaco Cabella ha postato su Facebook una dichiarazione, apparentemente di risposta ai Democratici e ai cittadini; ma, più che una risposta, pare una “supercazzola” (neppure paragonabile a quelle di Ugo Tognazzi); il Primo cittadino racconta infatti di essersi riunito con terzi, di aver discusso e deciso di approfondire la questione. Sembra – ma non sarà così – una dichiarazione espressa per prendere tempo … ovvero, quando non si sa cosa dire, si rinvia. E su questo punto, inutile ribadirlo, Cabella è un grande esperto.

Anche in questa occasione è “corso in soccorso” (si scusi il bisticcio di parole) il giovane nipote, il quale ha addossato le colpe della situazione … indovinate a chi? Ai Democratici, ovviamente! Come da dichiarazione ad un giornale: “… È una speculazione politica, perché loro stessi sono oggetto di accuse di irregolarità contabili, e, così facendo, cercano di mischiare le carte”. Apparentemente sembrerebbe una considerazione infantile; in realtà non è così, appartiene alla strategia della “distrazione di massa”: criticare gli altri per nascondere i propri problemi. Strategia che dovrebbe essere spiegata ai cittadini che avrebbero pagato più del dovuto. Come dicono i veneti: “Xe pèso el tacòn del buso”. E il “buso”, a quanto pare, è piuttosto rilevante.

P.S.: qualcuno spieghi al nipote del Sindaco (con raccomandata e ricevuta di ritorno, per essere certi che la riceva), che ora sono loro a governare, che la norma di cui si discute è del 2020, e che ciò comporta assunzione di responsabilità.

Tuca e leva

Il 25 novembre scorso, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, selfie-man, al secolo l’Assessore ai Lavori pubblici, si è affrettato a pubblicare una fotografia nella quale era immortalata una panchina di colore rosso (metafora del sangue versato dalle vittime del femminicidio), accompagnata dal suo faccione. Qualcuno ha subito considerato che sarebbe stata più coerente una immagine femminile, anche in considerazione del fatto che sia in Giunta, sia in Consiglio comunale, le donne non mancano. Che l’Assessore sia malato di protagonismo? Magari, vista l’importanza del messaggio, si sarebbe potuto invitare la popolazione alla posa del manufatto, cerimonia accompagnata da un vibrante discorso del Sindaco. 

Diego Accili e la panchina rossa

Tuttavia parrebbe proprio una messa in scena: dopo poche ore la panchina era sparita. Qualcuno penserà ad una azione dei soliti vandali (le celebri “ragazzate” di cui aveva parlato il Sindaco in un’intervista), invece selfie-man ha chiarito di essere stato lui a farla rimuovere (ma, ahinoi, non esistono prove fotografiche), spiegando che, a causa della pioggia, non era possibile posare i necessari supporti in cemento sui quali ancorarla. Forse tali supporti avrebbero potuto essere preparati qualche giorno prima, com’è d’uso (a tal proposito, non è necessario consultare la “Treccani”, ma un qualsiasi muratore). Viene da pensare che l’operazione sia stata improvvisata, decisa in quattro e quattr’otto; una operazione last-minute (in vernacolo: Tuca e leva). Magari, agguantato pennello e barattolo di vernice, nottetempo l’uomo dei selfie si sarà apprestato a colorare la panchina (anche in questo caso manca la documentazione fotografica), dimenticandosi però che le panchine hanno necessità di essere posizionate su supporti idonei. Non abbiamo dubbi che, con la clemenza del tempo, la panchina tornerà al suo posto. Evitandoci, speriamo, un nuovo servizio fotografico.

Il Malalingua

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