Il barbiere di via Marconi

Cosa ci faceva un barbiere in un covo di comunisti, in mezzo a tutti quegli operai? Erano gli anni delle grandi lotte, gli avventori del bar discutevano sui problemi delle loro fabbriche, sulla possibilità di riunirsi in assemblea sul posto di lavoro, sulla “organizzazione capitalistica del lavoro”, come si diceva all’epoca, chiedendo, in sostanza, una maggiore democrazia in fabbrica.

Quella iniziale, era la domanda che alcuni giovani frequentatori del bar Como si ponevano. Il locale era posto all’angolo tra via Giacometti e corso Marenco. Anni fa il locale è scomparso, lasciando posto ad un importante istituto di credito, e il titolare del locale, anch’egli rosso, era andato a lavorare proprio in quella banca. Il bar era frequentato da molti giovani comunisti, qualche socialista ed un paio di anarchici, quasi tutti operai; c’era inoltre qualche nullafacente e un bidonista. I giovani non capivano come un barbitonsore, padroncino che aveva alle sue dipendenze un giovane garzone, potesse lasciarsi coinvolgere in tali discussioni.

Si comprese tutto qualche sera dopo, quando la discussione si era spostata sull’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica. C’era chi difendeva a spada tratta l’operato di Leonid Breznev, Segretario del PCUS dell’epoca, abituato a pensare che tutte le decisioni della “grande patria del socialismo reale” fossero corrette; c’era chi, invece, insinuava dubbi sull’invasione sovietica di un “paese fratello”, anch’esso a guida comunista; e chi, pur con molti dubbi, non “osava” criticare, temendo di “prestare il fianco al nemico” statunitense ed al più vicino avversario democristiano con i suoi satelliti. Il barista non fiatava: attonito, assisteva alla discussione che pareva non avere fine e che, a tratti, si faceva infuocata.

Fino a quel momento Aldo, il barbitonsore, era stato zitto, scuotendo di tanto in tanto la testa, ma ad un certo punto, evidentemente stufo della controversia che ruotava su se stessa, senza portare a nulla di concreto, intervenne.

Aldo Santaniello, con bottega in via Marconi, era un tipo segaligno, tutto nervi; prese la parola con il suo modo di fare deciso, a tratti irruente, assai diverso da quello utilizzato quando rasava la barba o tagliava i capelli ai clienti. Non disse apertamente ai presenti che non avevano capito nulla, ma si intuì il suo pensiero; spiegò che a Praga, dai mesi precedenti, si stava affermando un processo di democratizzazione della società operato da parte di Alexander Dubcek, allora Segretario del Partito Comunista di Cecoslovacchia, il quale cercava di concedere nuovi diritti ai cittadini, grazie ad un decentramento parziale dell’economia e alla democratizzazione dello Stato. E tale processo era stato arrestato dai carri armati sovietici. Concluse l’intervento, con l’amaro in bocca, facendo riflettere sul fatto che la lotta per la democrazia in fabbrica e per nuove forme di partecipazione nella società si collegassero idealmente agli accadimenti di Praga.

Aveva ragione Aldo… Il giorno successivo – forse – mentre rasava l’ennesimo viso, pensando alla discussione della sera precedente, senza ascoltare il millesimo pettegolezzo raccontato dal cliente, si vide “invadere” la bottega dai giovani frequentatori del bar Como, che avevano finalmente compreso chi fosse il barbiere di via Marconi.

Aveva ragione Aldo… La ebbe anche tanti anni dopo, quando venne eletto Presidente dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Michail Gorbaciov, il quale avviò la Perestrojka che, per molti versi, assomigliava alla Primavera di Praga. Ma anche la Perestrojka fu sopita.

Dopo anni di lavoro, Aldo depose il rasoio, lasciando la sua attività al garzone; ma non smise mai di pensare con la sua testa. Ciao Aldo.

I funerali di Aldo Santaniello si svolgeranno lunedì 11 dicembre alle ore 10.30
presso la chiesa di San Nicolò, a Novi Ligure.

Lorenzo Robbiano

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