Tortona, ecco la privatizzazione strisciante della sanità italiana

E’ stata diffusa la notizia che  il pronto soccorso dell’ospedale di Tortona sarà gestito da un’associazione di cooperative. È l’anteprima di un’azione di privatizzazione strisciante che non ha sorpreso l’opinione pubblica, preparata al chiacchiericcio che da tempo lo lasciava intendere.

Ciò la dice lunga, su quale sarà il futuro del servizio sanitario pubblico. Il pubblico, assuefatto, se è  lasciato scivolare addosso l’evento, ponendovi scarsa attenzione. È la classica anteprima di un’azione d’inserimento nel cosiddetto libero mercato, tanto caro al neoliberismo (che ama poche regole stringenti ma soprattutto aggirabili). Il fatto stesso che il gruppo di cooperative si siano presentate associate e non singolarmente alla gara di appalto, dimostra che il regime di concorrenza piace poco nei fatti sostanziali. Sicuramente non è il toccasana che ci decantano per farci accettare una privatizzazione che incide sulla qualità della vita, non di poco conto e non in positivo.C’è da mettere le mani su un fiume di denaro pubblico; denaro di tutti, che è considerato come quello di nessuno. Alla mercé di chi riesce ad accaparrarselo in modo solo in apparenza legale con l’aurea di gestirlo per l’interesse generale (a livello di intenzioni).
È una storia che viene da lontano, da quando da servizio sanitario nazionale, fiore all’occhiello del nostro Paese, secondo lo spirito dell’art.32 della Costituzione, un esempio di civiltà per il resto del mondo, è stato trasformato in servizio sanitario regionale che ne ha modificato lo spirito di solidarietà sociale. E sì! Il potere delle regioni andava riempito di sostanziali contenuti, altrimenti che potere è!

Anche qui l’indirizzo politico venne presentato ed attuato come una evoluzione progressista, mentre nel retroscena sfocato c’era da accontentare i politici decentrati e gli influencer, che sono come i pescecani attorno alla preda (sostanziali gruppi di potere le cosiddette lobby).  E’ iniziata la decadenza del servizio, contrariamente ai costi che aumentano in modo rilevante da regione a regione. Per ovviare, si inserivano ticket e superticket, e siccome l’appetito vien mangiando, perchè accontentarsi di una coscietta, tutto il pollo è certo più gratificante.

Il costo a carico del cittadino ha raggiunto la ragguardevole somma di una quarantina  di miliardi oltre naturalmente ai trasferimenti elargiti dalla fiscalità generale. Ma non si è ancora sazi, c’è il grosso fiume da rilevare in toto per arrivare a gestirlo secondo la classica metodologia del profitto a oltranza.

Il metodo è semplice, è sperimentato: si tagliano continuamente le risorse, si mortifica la professionalità del personale, trattamenti economici non adeguati, si riducono le assunzioni e le prestazioni dirette con il ricorso ai convenzioni per abituare gli utenti a servirsi di nuove strutture. Si indispone la popolazione, con lunghissimi tempi di attesa, basta ascoltare gli accesi commenti in qualsiasi luogo di attesa è sono, tutt’altro che positivi.

Un esempio: devi operarti di cataratta in tempi brevi, un intervento piuttosto semplice di pochi minuti, non c’è posto, devi attendere tempi lunghissimi insopportabili; mentre nel privato la disponibilità è immediata. C’è un piccolo particolare devi pagare dai due/tremila euro per bulbo oculare oltre ad alcune visite specialistiche preventive, sempre a pagamento e, chi ne ha usufruito sa che spesa comporta ricorrere agli specialisti. Naturalmente, il problema è drammatico per chi è gia in difficoltà per mettere insieme il pranzo e la cena, per il ceto medio è un continuo mugugno. In conclusione: la strada è spianata, come disse qualcuno qualche secolo fa “il dato è tratto”. Il servizio sanitario pubblico sarà privatizzato. Ci terranno buoni con l’elargizione di polizza assicurativa, a buon mercato, gratuita per gli indecenti, a carico della fiscalità e, dopo che il sistema viene digerito, comincia il lento ma inesorabile inasprimento delle agevolazione e chi può si cura e chi non può, può sempre pregare e mugugnare.

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Francesco Giannattasio

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