Dal 1962 al 1989: un libro su 27 anni di teatro “operaio” al Circolo Ilva

C’è chi dice che la cultura, specie quella teatrale, sia un fatto di “elite”. Sicuramente non la pensavano così gli operai dell’Italsider, che nel 1962 nel teatro del Circolo Ilva diedero via alla iniziarono a frequentare la prima stagione teatrale novese. Durante quasi 30 anni , prima sul palco del teatro oggi intitolato a Paolo Giacometti e poi al Politeama Italia, grazie al Circolo Ilva passarono sul palcoscenico i nomi più importanti e popolari del teatro italiano. 

A questa lunga esperienza il Nuovo Circolo Ilva ha realizzato una pubblicazione, che sarà presentata al pubblico venerdì 10 marzo alle ore 18 presso le sale del circolo stesso

L’opuscolo, intitolato “Cosa aspettate a batterci le mani”, si sofferma prima sulla storia dello stabilimento, la nascita della “ferriera”, la sua evoluzione storica e industriale e quindi della nascita e dell’evoluzione della stagione teatrale dedicata agli operai metalmeccanici dell’azienda ma aperta a tutta la città.

Autore della ricerca è Lorenzo Robbiano, ex Sindaco della città, appassionato storico locale e da un anno Presidente del Circolo, a cui abbiamo fatto qualche domanda. 

Innanzitutto il titolo, “Cosa aspettate a batterci le mani”. Da dove arriva?
«In realtà non è farina del mio sacco, è il titolo di un brano musicale di Dario Fo che a mio parere rende bene il contenuto della brochure; con le stagioni teatrali dell’allora Circolo Italsider tanti artisti famosi sono giunti in città per ricevere gli applausi dei novesi».

Di cosa parla? 
«Si tratta di una di cronaca degli avvenimenti teatrali, una sorta di album di famiglia. Non è stato facile, ma con l’aiuto della stampa locale è stato possibile raccogliere i dati di quelle stagioni. Sia chiaro non è una riflessione sulla politica culturale e teatrale del gruppo Italsider, a mio parere paragonabile a quella di altre industrie italiane come fu l’Olivetti, in quella fase storica. Un’analisi di questo tipo avrebbe comportato studi molto approfonditi. Più semplicemente, si tratta di una cronologia degli avvenimenti perché non vada persa la memoria del ruolo che in città ha avuto il Circolo Italsider in campo culturale. Sarebbe interessante raccogliere anche altri elementi, ad esempio in campo sportivo e più in generale ricreativo. Voglio aggiungere che la pubblicazione è stata da me realizzata e impaginata da Andrea Vignoli, a titolo di volontariato, l’eventuale incasso della vendita andrà nelle casse del Circolo».

C’è qualcosa di personale in questa ricerca?
«Certo. Da ragazzino ho iniziato a frequentare il Teatro del Circolo. Mio papà, operaio dello stabilimento, mi portava a vedere gli spettacoli teatrali. Avevo una dozzina d’anni quando, imbacuccato a causa del freddo invernale, partivo a piedi con mio padre, per andare a teatro. Non sempre capivo ciò che vedevo, ma era uno stimolo per approfondire. Ricordo come un incubo d’aver assistito alla rappresentazione di “Edipo a Hiroshima” del Teatro Stabile di Torino per la regia di Roberto Guicciardini, era il 1962 o il 1963».

Perché un incubo?
«In sala c’era un mio insegnante di ragioneria, Mario Gringoli che noi chiamavamo scherzosamente Mariù. Frequentavo la Scuola di Avviamento Professionale di tipo Commerciale, ero l’unico suo allievo presente alla rappresentazione e il giorno dopo, a scuola, il professore mi chiese di spiegare ciò che avevo visto la sera prima. Feci scena muta, una figura di… menta. Fu a quel punto che l’insegnante spiegò cosa era successo ad Hiroshima e io imparai una pagina drammatica di storia e capii che il teatro aveva anche la funzione di far riflettere senza peraltro indicare soluzioni».

L’inizio di un amore? 
«Sicuramente. Iniziò così la mia passione per il teatro che, evidentemente, poi ho trasmesso in famiglia. Successivamente ci fu la frequentazione con Dario Fo e Franca Rame; quando avevo una ventina d’anni diventai membro nella Commissione nazionale Teatro dell’Arci; in un seminario nazionale di quella Associazione conobbi, tra gli altri, Gian Maria Volonté. Nel 1970 – non ero ancora maggiorenne – organizzai, insieme ad altre persone, “Mistero Buffo” di Dario Fo. Fu un successone: il Politeama Italia, più di 1300 posti, era strapieno! Seguirono, per qualche anno, altri spettacoli delle compagnie Nuova Scena e La Comune, sempre dirette da Dario Fo. Da allora ho sempre coltivato questa mia passione, solo il Covid l’ha temporaneamente bloccata nonché la gestione artistica discutibile del “Marenco” che, è la mia opinione, meritava molto di più e di diverso».

Torniamo alla pubblicazione.
«L’Italsider mentre il nuovo stabilimento di strada Bosco Marengo era in costruzione iniziò l’attività culturale (era il 1962, la fabbrica fu inaugurata nel 1963), per i dipendenti e i famigliari. Erano gli anni della guerra fredda, delle discriminazioni nelle fabbriche. La contrapposizione era nei fatti. Tant’è che nel 1965 l’Italsider apriva le porte della stagione a tutti i cittadini e il Comune (con Giunta comunale social-comunista) proponeva una propria stagione, potremmo dire alternativa. Ma i tempi cambiano e la stagione teatrale del 1968-69 fu programmata dalle due istituzioni insieme». 

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