Verso le elezioni: 10 domande a Federico Fornaro

Iniziamo oggi con le interviste ad alcuni dei candidati alle elezioni del 25 settembre. Il primo che siamo andati a disturbare è Federico Fornaro, capogruppo alla Camera dei Deputati per Liberi e Uguali e candidato nella circoscrizione Piemonte 2. 

Federico Fornaro è uno dei politici più noti del nostro territorio. 59 anni, due figlie, Sindaco di Castelletto d’Orba per dieci anni e consigliere provinciale dal 2004 al 2014. È anche Consigliere Comunale ad Ovada e è stato Senatore della XVII legislatura (2013-2018) e Deputato della XVIII legislatura (2018-2022). Fornaro è uno “stakanovista” dei lavori parlamentari: nell’ultima legislatura è stato presente al 98,8% della votazioni (terzo assoluto alla camera) ed ha presentato 6 disegni di legge.

Veniamo alle domande:

  1. Perché hai deciso di candidarti?

Per proseguire il lavoro svolto nelle due legislature, al Senato prima e alla Camera in quest’ultima, dove ho ricoperto l’incarico di capogruppo di Liberi e Uguali.
Vorrei continuare a rappresentare il territorio nelle istituzioni parlamentari, in una fase in cui la riduzione del numero dei parlamentari rischia di ridurre il peso delle province marginali a scapito delle grandi città in ragione di una maggiore popolazione e quindi di deputati e senatori. Ricordo che anche il voto dato alla lista PD Italia Democratica e Progressista nella nostra provincia contribuisce automaticamente alla mia rielezione alla Camera anche se sono candidato capolista nel nord Piemonte, infatti, sono comunque nella stessa circoscrizione Piemonte 2.

  1. Quali sono secondo te i principali problemi il nuovo governo dovrà affrontare?

L’emergenza maggiore è quella di proteggere famiglie e imprese dagli effetti negativi della crisi conseguente alla guerra di aggressione in Ucraina con gli aumenti spropositati dei prodotti energetici e il forte rialzo dell’inflazione. Il governo è già intervenuto con circa 50 miliardi di euro, ma le risorse non sono ancora sufficienti, anche perché gli speculatori la stanno facendo da padrone e si fatica a riscuotere la tasse straordinarie sugli extraprofitti guadagnati dalle società energetiche.
Il mondo del lavoro, poi, attende segnali forti di riduzione della precarietà e nella direzione di un aumento di salari e stipendi, con un nuovo intervento di riduzione della tassazione sul lavoro. In Italia ci sono troppe ingiustizie e troppa diseguaglianza economica e sociale: bisogna invertire la tendenza in tempi rapidi.

  1. Gli italiani possono aspettarsi che dalle urne esca una compagine di governo stabile? 

Il Rosatellum, la legge elettorale vigente, ha dimostrato di non garantire la stabilità dei governi parlamentari. Nell’ultima legislatura ci sono stati tre esecutivi con maggioranze differenti e solo il M5s ha sempre governato negli ultimi 4 anni.
In ogni caso siamo in una repubblica parlamentare ed è dunque il Parlamento il luogo dell’espressione della sovranità popolare in cui si formano le alleanze e i governi.
Vedremo poi se un numero ridotto di deputati e senatori garantirà una maggiore stabilità oppure invece alimenterà instabilità.

  1. Molti Italiani sono preoccupati per le radici storiche del partito di Giorgia Meloni. Secondo te il tema dell’antifascismo è ancora attuale oppure sono altri i problemi che sta attraversando il paese?

L’Italia ha una Costituzione antifascista, eredità della lotta di Liberazione della Resistenza e degli alleati contro il nazifascismo. La fiamma tricolore ancora presente nel simbolo di Fratelli d’Italia rappresenta, invece, il “filo nero” che unisce il partito di Giorgia Meloni con la tradizione culturale e politica del Movimento Sociale Italiano, fondato da reduci della Repubblica di Salò sul finire del 1946.
Come provo a descrivere nel mio ultimo libro “Il collasso di una democrazia. L’ascesa al potere di Mussolini (1919-1922)” il fascismo mussoliniano del ventennio non può più tornare. Esiste però un pericolo reale, già denunciato da Umberto Eco nel 1997, della persistenza nelle società contemporanee di un «fascismo eterno», che nell’oggi può prendere le forme di democrazie autoritarie, le democrature, il cui esempi maggiori sono l’Ungheria di Orban e la Turchia di Erdogan.

  1. Quali sono secondo te le riforme più importanti che il futuro governo dovrebbe avviare per affrontare le maggiori urgenze del paese?

La prima è quella del mercato del lavoro per ridurre drasticamente la giungla contrattuale e incentivare la stabilizzazione, introdurre il salario minimo e per aiutare i giovani e le donne in particolare.
L’introduzione dello jus scholae, poi, consentirebbe a centinaia di migliaia di ragazzi stranieri nati e cresciuti a fianco dei nostri ragazzi di ottenere una sacrosanta cittadinanza, con relativi diritti e doveri.
La sanità pubblica ha bisogno di attuare la riforma della medicina territoriale, con il corollario della telemedicina, per dare una risposta a un crescente bisogno di salute di una popolazione che per fortuna ha tassi crescenti di invecchiamento.
La scuola e la formazione devono riprendere una maggiore centralità per consentire alle giovani generazioni di vivere da protagonisti la rivoluzione digitale e i cambiamenti nei modi di produzione.
La transizione ecologica è, infine, la risposta obbligata ai cambiamenti climatici che stanno mettendo a dura prova un settore importante per la nostra economia come l’agricoltura.

  1. Se sarai eletto, quali sono i temi del nostro territorio che porterai a Roma, e che cosa da Roma riporterai qui? 

Dobbiamo lottare contro la marginalizzazione dei nostri territori. La copertura totale dei nostri comuni con la banda larga, ad esempio, rappresenta un fattore di sviluppo fondamentale e irrinunciabile, al pari di un miglioramento della qualità dei servizi sanitari, di trasporto e scolastici. Non ci sonno essere cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Come ho fatto in questi anni proverò ad interpretare i bisogni dei cittadini, in stretto raccordo con i sindaci e gli amministratori locali, i sindacati e le associazioni di categoria.

  1. Ad ogni elezione, sono sempre meno gli italiani che si recano alle urne. Quali i motivi secondo te, e quali le soluzioni? 

La politica appare distante dai problemi reali dei cittadini e non più in grado di migliorare le condizioni materiale di vita delle persone. È cresciuto negli anni un clima diffuso di insofferenza e di rancore, alimentato anche da leggi elettorali che hanno allargato il fossato tra eletti ed elettori, che si è andato trasformando in aperta sfiducia verso le istituzioni e i partiti.
Oggi un buon 40% degli elettori decide se andare a votare e a chi dare la sua preferenza negli ultimi dieci giorni della campagna elettorale, con una tendenza costante al declino della presenza ai seggi.
L’unica ricetta per contrastare il fenomeno dell’astensionismo è la buona politica e la partecipazione.

  1. Tra sovranismo e europeismo cosa butti giù dalla torre?

Il sovranismo, ovvero il nazionalismo, tutta la vita.

  1. C’e chi propone di realizzare cimiteri per i feti derivanti da aborto apponendo il nome della madre sulla lapide senza il suo consenso. In alcune Regioni il 90% dei medici nelle strutture publiche è obiettore rispetto alla legge 194. Andiamo verso una revisione e/o riduzione di quanto stabilito nel 1978 dalla legge sulla interruzione volontaria di gravidanza? Che posizione hai su questo tema?

La destra è portatrice di una cultura conservatrice e in alcuni settori apertamente reazionaria, che rischia di far riportare indietro di decenni l’Italia in materia di emancipazione e diritti delle donne, come testimoniato dalla battaglia strisciante contro la piena applicazione della legge 194.
Bisogna, invece, andare avanti per riprendere il cammino della piena uguaglianza e ridurre, ad esempio, il gap esistente nelle retribuzioni e migliorare i servizi che rendono pienamente possibile l’attività alle madri lavoratrici. Indietro non si torna. 

  1. Reddito di cittadinanza. Va bene così, va eliminato o va modificato? 

Questo attacco della destra al reddito di cittadinanza dimostra come Meloni & c. siano interessati più a innescare una «guerra tra poveri» piuttosto che a dare risposte concrete alle persone in difficoltà. Noi ci astenemmo sulla legge istitutiva con motivazioni che si sono rilevate corrette. Il reddito di cittadinanza, infatti, ha funzionato come strumento di contrasto alla povertà e sostanzialmente ha fallito come mezzo per il reinserimento nel mondo del lavoro. È su questo secondo aspetto che occorre lavorare per favorire l’incontro della domanda e dell’offerta sul mercato del lavoro.

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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