Alla ricerca del Meta Menardi, dell’oro e del geotritone nelle antiche miniere della Lavagnina

C’era un tempo in cui belle nostre valli scorreva l’oro. Oro non figurato, ma quello vero, con il simbolo Au nella tavola periodica. Poi l’oro è finito… anzi no, l’oro c’è ancora. Ma insieme all’oro, ci sono altre presenze molto interessanti. 

Una premessa: se sperate che, leggendo questo articolo, scoprite dove trovare l’oro e diventare ricchi, perdete tempo. Se lo sapessi, ve lo vengo a dire a voi? Non sarete mica come quelli che credono di poter acquistare i numeri vincenti del lotto? 

Ora, veniamo al sodo. La scorsa settimana ho partecipato ad una visita guidata alle miniere d’oro abbandonate (dall’uomo) nei pressi dei laghi della Lavagnina, grazie a Ester Polentes, una guida naturalistica innamorata della sua terra e dei suoi tesori. 

I laghi della Lavagnina, come forse saprete, sono laghi artificiali. La diga del primo lago venne costruita nel 1887, ma lo specchio d’acqua subito cominciò a interrarsi rendendo necessaria la costruzione di un secondo lago, terminata nel 1917. I laghi vennero costruiti come bacini idrici per l’approvvigionamento di acqua per Genova e per la generazione di energia tramite una centrale elettrica. Funzione che svolgono ancora oggi. 

Il lago inferiore della Lavagnina visto dal sentiero verso la miniera

Prima dei laghi, nella zona erano attive parecchie miniere d’oro. Quando il lago inferiore va in secca – cosa che non accede da molti anni – si possono vedere sul fondo i resti dello stabilimento dove veniva lavorato il minerale (l’estrazione prevedeva l’utilizzo del mercurio come catalizzatore) e della cascina Lavagnina, che dà il nome al luogo. 

il vecchio stabilimento per la lavorazione dell’oro emerge durante una secca del lago

Ma come mai le miniere vennero abbandonate? Probabilmente l’abbandono non fu dovuto all’esaurimento dei giacimenti, ma all’introduzione di nuove tecnologie estrattive che resero non più redditizia l’estrazione nei nostri monti. I costi di estrazione erano più alti dei  ricavi e quindi l’ultima miniera venne abbandonata nel 1915 circa. 

La ricerca dell’oro nella zona  ha una storia antichissima: nei pressi del lago sono ancora oggi ben visibili i resti delle aurifodine (miniere a cielo aperto) di epoca romana. Senza dimenticare la leggenda di Rondinaria, città romana sulle sponde dell’Orba dove migliaia di schiavi erano obbligati setacciare le sabbie alla ricerca dell’oro. 

L’abbandono delle miniere ha permesso però di dare spazio alla vita naturale: nelle miniere oggi vivono alcune specie animali rare ed affascinanti. Primo tra tutti il Geotritone (Speleomantes strinatii), un piccolo anfibio cieco che viene solo nelle grotte. 

geotritone

Altro ospite delle grotte è il Meta Menardi, detto anche ragno delle grotte, che decora le volte delle ex miniere con i suoi ovisacchi, involucri di tela in cui il ragno depone le uova. Nella stagione invernale al visita alle miniere è vietata perchè diventano rifugio di molte specie di pipistrelli. 

Le miniere sono anche testimonianza della dura vita degli uomini, che nella dura roccia serpentina dei monti hanno scavato, con attrezzi manuali, lunghe gallerie inseguendo i filoni d’oro. 

La visita alle miniere è possibile solo in accompagnamento a guide autorizzate, come Ester Polentes, che fanno in modo che la visita avvenga in sicurezza sia per le persone, che per gli animali che vi vivono dentro. 

Vi è venuta la curiosità di visitare anche voi le miniere? Ci sono altre due visite in programma, il 19 settembre e il 15 ottobre. Per prenotare contattare Ester Polentes, 339-7288810 oppure ester@gaia.piemonte.it 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

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