Conflitto Israelo-Palestinese: perché non si può scegliere di tacere

A due settimane dallo scoppio del conflitto, il bilancio delle vittime ha superato i 9000 morti nella striscia di Gaza (Ansa), dei quali il 67% sarebbero donne e bambini (rispettivamente 2326 e 3760, secondo i dati pubblicati dal Sole 24 ore). Davanti a un massacro di tali proporzioni sarebbe disumano girarsi dall’altra parte.

In un’epoca nella quale ci ritroviamo quotidianamente a fronteggiare xenofobia e razzismo, ora più che mai è necessario prendere una posizione e richiedere un’informazione a 360 gradi, a scapito della narrazione unilaterale alla quale stiamo assistendo. 
È chiaramente necessario condannare apertamente i crimini dell’organizzazione terroristica “Hamas”, ma è troppo facile liquidare il discorso guardando solo a questo aspetto.
Nessun partito ha avuto il coraggio di condannare apertamente anche le azioni illegali intraprese condotte dal Governo israeliano dal 2005 a questa parte. 

Dobbiamo  ricordare quanto sancito dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sottolineando come le azioni e le scelte di Stati Uniti, Organizzazione delle Nazioni Unite e, soprattutto, dal Governo israeliano ne violino totalmente i principi fondamentali. Siamo tutti a conoscenza dello stress di chi, di fede musulmana o proveniente da paesi stranieri, è costretto quotidianamente ad affrontare i pregiudizi dettati dal razzismo e dalla paura del diverso. Raccontare solo una parte di questo conflitto attraverso i media non migliorerà certamente la loro condizione. La narrazione politica alla quale stiamo assistendo rafforzerà ulteriormente le posizioni xenofobe di chi è poco informato o, semplicemente, è privo dei mezzi per informarsi. 

Questi devono essere promulgati a partire dalle scuole, dove, ogni giorno, bambini e ragazzi entrano a contatto. È fondamentale, ora più che mai, promuovere incontri e workshop nelle scuole di tutti i gradi e indirizzi, per stimolare l’informazione e il dibattito su questo tema fondamentale e cruciale per la società odierna.

Sarebbe bello vedere una presa di posizione attiva da parte del nostro comune a riguardo, chiamando appunto esperti e/o organizzazioni perché vengano ad affrontare il tema nelle nostre scuole perché possano far scoprire l’importanza di rimanere informati e uniti per fronteggiare tragedie umanitarie di questa portata.

La mia generazione e le successive portano sulle proprie spalle la costruzione di un futuro migliore, più pacifico e più inclusivo, e questo obiettivo può essere raggiunto solo partendo dall’educazione e dalla sensibilizzazione. In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato tutto ciò può apparire sempre meno come un’utopia e più come una necessità pressante. Investire tempo e risorse nell’educazione sul conflitto Israelo-Palestinese è una risposta pratica alla complessità che caratterizza la nostra società. Sta solo a noi scegliere di intraprendere questa strada.

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Fabio Ruggiero

6 commenti su “Conflitto Israelo-Palestinese: perché non si può scegliere di tacere

  1. non esiste un “conflitto israelo – palestinese”. I palestinesi non hanno neppure l’acqua da bere, sono in attesa di morire ammazzati, inermi. Al massimo reagiscono come un davide contro il gigante golia, a sassate.
    Gli stessi terroristi di hamas, finanziati da nethaniau in persona perchè indebolissero l’OLP, non sono diversi da quelli dell’ISIS, organizzazione finanziata dai sauditi e diretta dall’intimo amico fi famiglia dei Bush Bin Laden, servita come scusa per impadronirsi del petrolio iracheno, curdo e siriano.
    Esiste invece da settantanni, ignorata e finanziato dalle sedicenti “democrazie occidentali”, una pulizia etnica sempre più spietata contro la popolazione palestinese. Un genocidio arrivato oggi al massacro finale, benedetto da biden, salvini e vonderlayen. con astensionismi e omertà di troppi altri che si spacciano per “persone per bene” ma sono in realtà complici in toto.
    Usiamo le parole per il loro vero significato, e liberiamoci dalle narrazione mainstream per verificare la Storia vera, quella dei FATTI.
    Il popolo palestinese non ha mai fatto guerra contro israele. Al massimo, ha cercato di difendersi dall’aggressione e dai furti di territorio, di villaggi interi, con un accerchiamento sempre più violento e sempre più stretto, che ha ammazzato migliaia di civili e alimentato di conseguenza dolore e conseguente risentimento. A questo punto le vittime hanno solo due possibilità: accettare passivamente di essere massacrate, o reagire. Il genocidio in atto a Gaza alimenterà la crescita di nuovi, e più numerosi, potenziali “terroristi”. E i regimi “democratici occidentali” lo sanno, ma gli sta evidentemente bene così.

    1. Giusto, hai evidenziato i fatti come sono, mi associo totalmente a ciò che hai scritto

  2. Mi aspetto da un giorno all’altro di vedere esposta dal palazzo comunale la bandiera della Palestina “from the river to the sea”…
    Quanti seguaci hanno, anche qui a Novi, i Fratelli Mussulmani, Hamas, Hezbollah, ecc. (e quanti pochi le democrazie).
    Scommetto un riyal che il neo segretario locale del PD ci sta facendo un pensierino.
    Si è avverata la profezia di Paolo Mieli: “il 7 ottobre sarà dimenticato in pochi giorni”.
    Forza Israele!

  3. E figurati se non arriva il tifoso della pulizia etnica che non avendo possibilità di contestare nel merito la butta in caciara dando dei terroristi a quelli che non assecondano la sua sete di sangue.

  4. I riyal e il gioco d’azzardo.
    Due caratteristiche peculiari di certi tifosi sauditi.
    E noi che non siamo al soldo di nessuno, adesso dovremmo temere per le nostre gole?

  5. Pur condividendo in parte l’articolo, mi pare sia troppo schierato dalla parte opposta. Il 7 ottobre è una terribile realtà, uno dei tanti giorni tragici di questa faida che va avanti da decenni.
    Si compie un errore tragico definendo Hamas come organizzazione terroristica: è un’organizzazione politica con ampie capacità paramilitari che utilizzano metodi terroristici per portare avanti la loro agenda. Non sono 4 scappati da casa, hanno ampio supporto da parte della popolazione, tant’è che in Palestina non fanno elezioni da anni per la paura di una vittoria di Hamas.
    Ciò non può giustificare le operazioni del governo israeliano, ma è necessario comprendere che non si tratta di eliminare 4 terroristi, ma il problema è ben più grave. Fra l’altro gli stati uniti in questa occasione mi pare stiano cercando di mettere cenere sul fuoco in ogni modo possibile. Sarebbe più interessante ed onesto nell’analisi pensare perché un atto terroristico di così ampia portata, tale da essere difficilmente ignorabile da Israele, sia stato fatto alla vigilia di una possibile pace fra Israele e Arabia.

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