Fubine, la sentenza definitiva della cassazione: Pettazzi ha torto

La sentenza della Suprema  Corte di Cassazione di Roma ha finalmente messo la parola fine ad una vicenda cominciata nel dicembre del 2019 a Fubine Monferrato. Una vicenda emblematica di come il potere politico e amministrativo debba sempre, senza eccezione, sottostare alle regole della democrazia. Una vicenda tutta politica che qualcuno decise di trasferire dalla sala del consiglio comunale di Fubine alle aule dei Tribunali. 

Ricapitoliamo la vicenda, che vede contrapposti tre consiglieri di minoranza di Fubine e l’amministrazione comunale, allora rappresentata dall’ex onorevole, sindaco e attuale segretario provinciale della Lega Lino Pettazzi. 
Negli ultimi giorni dell’anno 2019  il Sindaco Lino Pettazzi convocò il consiglio comunale di Fubine. 
Tre consiglieri di opposizione, Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco, chiedono di integrare l’ordine del giorno con altri punti, ma non vengono presi in considerazione. Dopo alcuni giorni i tre consiglieri scoprono che l’ordine del giorno del consiglio comunale è stato integrato con un altro punto, proposto dalla maggioranza oltre i termini consentiti dalla legge. 
Per protesta, i tre consiglieri decidono di non partecipare al consiglio comunale. Alcuni consiglieri di maggioranza sono assenti e quindi  manca il numero legale, ma il consiglio vota ugualmente e un importante documento sul bilancio comunale viene approvato, benché il consiglio non sia validamente costituito in base al regolamento e allo statuto del consiglio comunale. 
I consiglieri decidono di rivolgersi al Tar, sostenendo che la delibera non poteva essere approvata. Il Tar si pronuncia con una sentenza salomonica: i tre consiglieri hanno ragione, ma il provvedimento adottato dal consiglio resta valido in quanto per legge è variato il numero di consiglieri eleggibili e non sono stati adeguati regolamento e statuto. 

La vicenda poteva finire qui, con un minimo di soddisfazione da entrambe le parti. 

La decisione del Tar però non piace al Sindaco Pettazzi, che chiede ai tre consiglieri di sostenere le spese del ricorso, contrariamente da quanto deciso dal Tar. Il comune presenta quindi ricorso al  Consiglio di Stato, contro la decisione del Tar, avviando così un contenzioso sulla base del quale i tre consiglieri vengono ritenuti dal consiglio incompatibili, perché a questo punto, hanno in piedi una vertenza con il comune del quale sono amministratori. Ai sensi dell’articolo 63 del testo unico degli enti locali, infatti, si precisa che non può essere consiglieri comunale chi ha “lite pendente in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo con il comune, “escluso quando il contenzioso avvenga per l’esercizio delle funzioni di consigliere” come in questo caso.

Sulla base di questo, ingiustamente, il Sindaco e la maggioranza espellono Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco dal consiglio comunale, dichiarandoli decaduti. 

Si tratta di un fatto gravissimo, che va a stravolgere l’esito elettorale e il risultato del voto dei Fubinesi. 

I tre consiglieri presentano ricorso al giudice competente e vengono ovviamente riammessi con tutte le spese processuali a carico del comune. Ma il sindaco ancora un volta non si adegua alle decisioni della giustizia e presenta nuovamente ricorso in appello. Ancora una volta, il Sindaco perde nelle aule di Tribunale, e ancora una volta viene condannato al pagamento delle spese processuali. 
La minoranza a questo punto si considera vittoriosa e fa affiggere un manifesto con il quale accusa il sindaco di avere procurato ingenti spese legali a carico dei cittadini fubinesi.
Il sindaco querela per diffamazione il segretario del Pd di Fubine Mauro Antonio Longo e un altro cittadino, per avere portato i manifesti ad affiggere, e fa citazione pure all’operaio che li ha incollati. Anche questa causa viene persa dal sindaco Lino Pettazzi per l’amministrazione. 
Il Sindaco persevera, sapendo di rischiare un grande danno erariale per le casse del comune, e presenta ricorso alla corte di cassazione.

La vicenda, dopo anni, arriva finalmente all’epilogo: l’ultimo ricorso in Corte di Cassazione da parte dell’amministrazione Comunale di Fubine ancora una volta da ragione ai tre consiglieri di minoranza. 

Rimane una domanda fondamentale: quanto sono  costati all’amministrazione comunale e quindi  cittadini fubinesi tutti questi processi?
Solo per il pagamento delle spese processuali ai tre consiglieri comunali il conto arriva a 96mila euro. A questi vanno aggiunti i costi sostenuti dal comune per i suoi legali, che potrebbero raddoppiare i 96000€ a carico dei fubinesi ed avvicinarsi ai 200mila€, anche se questo di preciso non ci è dato di sapere e non si evince dai bilanci comunali. 

Tutta questa vicenda dimostra che la Giustizia, benché lenta, si dimostra ancora una volta inesorabile e che sebbene – purtroppo – alcuni amministratori locali vivono le regole democratiche come un insieme di noiose pastoie, su di esse e sul loro rispetto si basa la vita amministrativa del nostro paese. Regole che devono essere rispettate da tutti, ma soprattutto da chi ha ricevuto dagli elettori il mandato di Governo.

Molto grave che tutto questo, sia stato fatto da un Sindaco che ricopriva anche la carica di deputato al parlamento, ed oggi ricopre anche l’incarico di segretario provinciale della Lega.

Grazie infine a Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco: di fronte all’arroganza del potere, hanno saputo sostenere le loro giuste ragioni fino in fondo. 

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