I ragazzi dell’A.I.A.S. a teatro: amore e umanità in scena

Venerdì scorso ho assistito allo spettacolo teatrale messo in scena dai ragazzi dell’A.I.A.S. (Associazione Italiana Assistenza Spastici) che, guidati da Alberto Basaluzzo e Stefania Ferrari, hanno portato sul palco “L’avventura umana di un pezzo di legno”, tratto dalla storia di Pinocchio: sul palco, oltre ai ragazzi, il complesso musicale DOC ACUSTIC BAND, un giocoliere e diversi bambini a fare da sfondo a una serata di rara emozione e umanità.

E non lo dico per piaggeria, termine che qualcuno a me caro userebbe, ma perché, e chi mi legge abitualmente lo sa, amo scrivere di ciò che mi colpisce, nel bene e nel male: per creare dibattito, se “male” e per condividere, se “bene”. E questo spettacolo a me ha fatto bene interiormente, ho visto dei ragazzi con enormi difficoltà personali, motorie, intellettive e/o emotive, mettersi in gioco con una gioia e una naturalezza tali da fare invidia, quella buona naturalmente, quella che ti fa pensare che tutto è possibile se lo si desidera e si è accompagnati dalle persone giuste.

Conosco e stimo molto Alberto e Stefania, che con la loro sensibilità hanno dimostrato di credere nelle persone, negli attori di questo spettacolo, spronandoli, preparandoli e ottenendo il risultato cui ho avuto l’onore di assistere: Stefania mi ha detto che sono stati i ragazzi i primi a dare fiducia a lei e ad Alberto e a credere in loro stessi.

Credo proprio si tratti di questo: avere fiducia e sapersi affidare, modi di essere sui quali forse dovremmo tutti soffermarci di più, perché, credetemi, se non proviamo ad affidarci, a costruire legami di solidarietà e sostegno reciproco, di riconoscimento dell’altro e di condivisione, la specie umana per come l’abbiamo sempre conosciuta è destinata a estinguersi. Non sono una di quelle persone che pensa che ci meritiamo l’estinzione, come si sente spesso dire, no, sono una di quelle persone che semplicemente vede e che, per quanta fiducia abbia nell’essere umano, non può fare a meno di riconoscere il declino umano in atto. Odio, ostilità, competizione, invidia sono sentimenti che paiono incentivati in una sorta di processo educativo al contrario, e che non fanno che impoverirci sul piano emotivo-relazionale, a scapito di quel sentimento salvifico che è l’amore.

Per me è il componente centrale del nostro essere umani e se pensate che siano le solite stucchevoli banalità, vi sbagliate di grosso. Io quel venerdì sera ho assistito a una rappresentazione d’amore, l’ho visto sul palco e anche molto più vicino a me: la fila di fronte, infatti, era state privata di alcune sedute per fare posto alle carrozzine ed io avevo, appunto, davanti un ragazzo in carrozzina con a fianco quelli che ritengo fossero i genitori, il padre seduto e la madre in piedi. Questa signora è rimasta per tutto lo spettacolo in piedi vicino al figlio; a noi seduti dietro non ha creato alcun disagio, ci siamo sistemati e ci spiaceva non potesse sedersi, ma lei non avrebbe voluto perché aveva bisogno di stare accanto al figlio. È capitato che il ragazzo emettesse qualche urlo e qualche movimento scomposto e lei era pronta a intervenire accarezzandolo e parlandogli all’orecchio. Quella mamma è rimasta così per tutto lo spettacolo di fianco al figlio, cullandolo e parlandogli piano, ogni tanto girandosi a guardarlo sorridendo. Io non so chi sia questa signora, magari sto prendendo un abbaglio, ma non credo, so cosa ho visto e so che quello che ho visto è qualcosa che manca a troppi di noi: l’accoglienza di ciò che ci accade nella disponibilità ad abbracciare una realtà inevitabilmente faticosa. E cosa può renderlo possibile se non l’Amore?

E sapete un’altra cosa? Due giorni dopo, mentre ero con alcuni amici “in giù”, come si suol dire quando si va a passeggiare per la nostra città, ho incontrato uno degli attori ed è venuto naturale salutarlo esclamando “Ciao Geppetto!”: sorrisi scambiati con chi incontriamo, un complimento sentito e dovuto che nell’altro crea gioia, e questo fa stare bene anche noi. A me non sembra così faticoso provarci, non credete?

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Daria Ubaldeschi

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