Bentornato Marenco, ma chi pagherà?

Il teatro Marenco, magnifico edificio storico culturale è stato eccellentemente restaurato e va lodato il grande impegno del comune, della Fondazione cassa di risparmio e dell’ex ministro alla cultura Sandro Bondi.

È doveroso conservare e tramandare ai posteri, nelle migliori condizioni, manufatti di pregio architettonico e storico.

Ma, detto questo, si presenta la grande problematica nella rappresentazione degli spettacoli artistici culturali per i quali sono necessarie notevoli risorse economiche in modo stabile.

Quando venne realizzato esisteva una diversa condizione sociale, il potere economico era concentrato su poche persone che gestivano anche il potere politico ed esecutivo e la cultura era un loro privilegio. La massa si trovava in condizioni di sopravvivenza, doveva lavorare, lavorare ed ancora lavorare ed era già un successo se riusciva a condurre una esistenza decorosa. La cultura era l’ultimo dei loro problemi ed i servizi sociali una chimera. 

La possibilità di spostarsi era scarsa, essenzialmente basata sulla trazione animale e dal treno a vapore. Percorrere grande distanze non era agevole. Ciò indusse alla prolificazione di infrastrutture per l’intrattenimento di locali appropriati, naturalmente per l’élite .

La grande borghesia e le signorie disponendo di risorse illimitate fecero delle grandi opere civili tra i cui i teatri; infatti quasi tutte le città di una certa consistenza ce ne hanno tramandato di magnifici, vere e proprie opere di alta ingegneria artistica.

Tantissimi per non dire quasi tutti, sono in uno stato di decadenza per difficoltà economica. Per sostenere queste meraviglie sono necessarie notevoli risorse sia per le opere di manutenzione sia per l’esecuzione artistica e per un Paese che accumula debiti su debiti è operazione piuttosto difficile. 

La nostra città dopo un lungo periodo di abbandono è riuscita a restaurare il teatro Marenco, meraviglia artistica. Ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione con persone della più alta considerazione; i quali dovranno a loro volta nominare il direttore artistico e programmarne il percorso delle rappresentazioni. Per fare questo sono necessarie notevoli risorse. È possibile, con una buona amministrazione, rendere il teatro autosufficiente? Può finanziarsi con i proventi dall’esercizio e le sponsorizzazioni?
Certamente no per cui se si vuole farlo sopravvivere bisogna che il comune, quindi noi tutti, ci accolliamo il deficit. 
Un debito annuale permanente che inciderà sull’amministrazione comunale in modo complesso e difficilmente sostenibile; la quale amministrazione, già di per se in onerosa difficoltà, vedasi: museo del ciclismo, il trasporto pubblico , gli impianti sportivi e altri enti in progettazione, come l’enogastronomia ma sopratutto, già oberante per la manutenzione ordinaria di una città, ampliatosi eccessivamente rispetto al numero di abitanti e quindi di contribuenti. Come dire la coperta è stretta e corta.

L’amministrazione sarà chiamata ha fare delle scelte, dovrà stabilire delle priorità ed indirizzare le disponibilità verso l’indispensabile e si porrà, inevitabilmente, il problema di valutare se la gestione artistica è indispensabile.
Secondo il mio personale parere la questione a andrebbero trattata su una platea provinciale o regionale. Rivolgendosi ad un sistema di gestione collettiva in grado di coinvolgere un vasto pubblico che può garantire un seguito adeguato e di conseguenza un positivo ritorno economico con il quale è possibile mettere in scena spettacoli di prim’ordine. 

Oggi le distanze e l’informazione non son un ostacolo e gli appassionati di tali spettacoli non avrebbero nessuna difficoltà. Diversamente la vedo dura sia nel breve che nel lungo periodo e l’orgoglio verso il proprio teatro non sarà sufficiente e se si guarda con distacco il problema dal punto di vista di equità c’è da chiedersi se è giusto che: tutti devono contribuire per la soddisfazione di pochi?

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Francesco Giannattasio

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