Il paese va a destra. Oppure no?

A una settimana dal voto, provo anche io a fare qualche riflessione sul risultato emerso dalle urne. “Il paese va a destra”, hanno titolato tutti. Hanno ragione, se guardano la composizione del nuovo parlamento. Hanno ragione, se guardano allo schieramento più votato. Ma gli Italiani sono davvero andati a destra? 

Al Senato il centro destra ha conseguito il 44,1%, alla Camera il 43,8. La somma di quanti si presentavano come alternativi al centro destra (Centro sinistra + Azione + Movimento 5 stelle) sia al Senato che alla Camera ci dà il 49,4%. 
Grazie al Rosatellum (il sistema elettorale attualmente in vigore) questa maggioranza relativa nelle urne si è trasformata in una maggioranza schiacciante tra gli eletti: al senato il centro destra ha ottenuto il 57% degli eletti, alla Camera il 59%. Insomma, ha tutti i numeri per governare con tranquillità, e quello di formare maggioranze stabili era uno degli obbiettivi della legge sicuramente centrato. 

Se guardiamo ai numeri reali, ai voti, il centro destra ha conseguito oltre 12 milioni di consensi. Ma gli Italiani sono ben 59 milioni, e questo significa che solo 2 italiani su 10 hanno votato il centro destra. Quindi, dire che l’Italia è andata a destra, inteso come popolo nel suo complesso, è forse esagerato. 
Non sto cercando di sminuire la vittoria di Giorgia Meloni, ma di riportare il ragionamento su un binario che credo più corretto.

La differenza l’ha fatta il sistema elettorale, più che gli Italiani. Se avessimo votato solo con il sistema proporzionale, la somma dei rappresentanti eletti da Meloni, Salvini e Berlusconi sarebbe stato inferiore a quelli eletti da Letta, Conte, Calenda e Renzi. E oggi non saremmo qui ad attendere la chiamata di Meloni alla carica di Presidente del Consiglio. Così come se fosse riuscito il progetto di un campo largo, dal Pd al Movimento 5 stelle ad Azione, che avrebbe probabilmente raccolto più eletti che il centro destra.

La chiacchiere però stanno a zero: si è votato liberamente con un sistema elettorale (voluto tra l’altro dalla sinistra) e ha avuto ampia maggioranza il centro destra, senza dubbio. 
Il vero problema è che nessun partito è riuscito a intercettare il voto di quella maggioranza di elettori italiani che non hanno votato per il centro destra, disperdendo il voto di opposizione, che è come abbiamo visto maggioranza nel paese. Non c’è riuscito in primis il Partito Democratico, che ancora una volta dopo il voto si interroga su cosa debba essere. Una crisi di identità che prosegue dalla nascita di questo partito che in 15 anni di vita ha divorato 9 segretari (Veltroni, Franceschini, Bersani, Epifani, Renzi, Martina, Zingaretti e Letta se non ho dimenticato qualcuno) senza riuscire a darsi, davanti agli elettori, una fisionomia precisa. 

Dopo la chiamata al congresso che Letta ha fatto all’indomani della sconfitta elettorale, pare che in Italia tutti siano diventati strateghi del Pd, come duranti i mondiali diventiamo Ct della nazionale. Io non mi unisco al coro, non mi vengono sinceramente in testa ricette per far uscire il Partito Democratico dalla crisi in cui è. Penso però che la corsa alle autocandidature, i nomi di papabili successori di Letta che ogni giorno escono sui giornali, non mi paiono la direzione giusta. Non basta cambiare segretario (e magari nome al partito, come suggerisce qualcuno) per rimettere in piedi la baracca. Anche perché quello che mi sta a cuore è il futuro del paese, non quello del Pd. Il partito è uno strumento, non un fine. 

Ma veniamo alla nostra cara Novi. Come è andata si sa: Fratelli d’Italia è il primo partito con il 23,96% dei voti, seguito a brevissima distanza dal Pd al 22,94%. Sono 125 i voti reali che separano FdI dal Pd. Una differenza esigua. 
Analizzando il voto nei 29 seggi in cui è divisa la città (28 seggi “normali” più quello volante dell’ospedale, in cui hanno votato 11 persone) si vede che la partita tra Pd e FdI è molto aperta. FdI è il primo partito in 16 seggi, mentre il Pd ha la maggioranza in 13. Il seggio più “nero” è il seggio numero 16, allestito presso la scuola Zucca, in cui FdI ha conseguito il 31,7% dei voti. Il seggio più “rosso” è invece il seggio 15, sempre alla Zucca, dove il Pd ha preso il 34,6%. In tutti i seggi emerge la emorragia di voti della Lega di Salvini, che passa dalle stelle alle stalle in un batter d’occhio. Ma questo non basta per impedire ai leghisti locali, che paiono ancor più aver perso il senso della realtà, di cantar vittoria. 

Una considerazione che emerge da queste elezioni è che si consolida a livello nazionale e locale la tendenza degli italiani ad innamorarsi, ad ogni elezione, di un diverso leader. Toccò prima a Renzi, poi a Grillo, poi a Salvini e ora alla Meloni che, come intelligentemente ha scritto Costanzo Cuccuru sul Moscone un paio di giorni fa, è “la malcapitata di turno”. A chi toccherà la prossima volta? 

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andrea vignoli

Giornalista, scrittore, insegnante.

Un commento su “Il paese va a destra. Oppure no?

  1. Caro Andrea, non sono d’accordo con te e Cuccuru.
    A me sembra che i malcapitati siano come sempre i cittadini.

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