Dai, facce ride!

E sono sei. Alla candidatura di Rocchino Muliere si sono accodati prima Lucia Zippo, del M5S, e di seguito Maria Rosa Porta (FdI, FI, lista Bertoli), Perocchio della Lega, Marco Barbagelata per Azione-Italia viva. E addirittura il redivivo Fabio Garaventa per Italexit! Troppa grazia.

Eravamo stati facili profeti, qualche settimana fa, scrivendo di «probabile frammentazione» delle liste: un dato che renderà le elezioni di maggio più incerte, e poiché sembra difficile che un candidato si imponga al primo turno, il gran finale riguarderà i due piazzati e i patti di desistenza che riusciranno a essere firmati.
Sulla carta lo schieramento di sinistra potrebbe essere favorito. Per i Cinque stelle e per Barbagelata, correndo in solitaria, la questione sarà forse risolta al secondo turno, quando dovranno scegliere come indirizzare i voti dei propri elettori. A destra, invece, la storia sembra assai più interessante: qui i candidati sono tre e tutti devono pescare nello stesso stagno elettorale.
In questa area politica, comunque, si registra il successo personale di Marco Bertoli. Un successo annunciato. Con la crisi dell’amministrazione Cabella, Bertoli avrebbe potuto essere escluso dallo schieramento di destra, come si faceva con gli appestati. Invece il «traditore» si è accasato con FdI e con Forza Italia, formazioni che hanno riconosciuto dunque il suo ruolo e le sue ragioni sconfessando la Lega e quell’Accili trasformato in semplice ruota di scorta. Si tratta di un esito del tutto razionale poiché l’alternativa – vale a dire la riproposizione di un’alleanza tra i tre partiti della destra, escludendo Bertoli – avrebbe collocato sulle spalle di queste formazioni il macigno dell’insuccesso politico e amministrativo della giunta precedente. Un aspetto che da un lato non avrebbe scongiurato il rischio di una sconfitta elettorale, mantenendo dall’altro un equilibrio di potere sbilanciato a favore della Lega: tanto da renderlo inaccettabile per FdI.
Un altro scenario poteva prevedere una coalizione di destra «all inclusive», con dentro anche Solo Novi, come furbescamente era stato prospettato dal coordinatore provinciale di FdI, Federico Riboldi. Per inciso: si sarebbe trattato comunque di un successo, per Bertoli, che avrebbe assistito al ritorno di Perocchio e Accili con il capo cosparso di cenere. Un piatto assolutamente indigeribile per quel che rimane della Famiglia Addams; così, Riboldi e Bertoli hanno lasciato tra le dita degli sprovveduti leghisti il cerino acceso del fallimento. 

Il punto della questione, comunque, non è tanto «chi», a destra, passerà al ballottaggio, ma  «se» sarà in grado di far convergere sul suo nome i voti di un elettorato diviso e deluso. Tutti, ma proprio tutti, hanno notato che nella propaganda dei tre candidati di destra non c’è neppure un riferimento al programma. Non costa niente elencare le solite quattro baggianate, ma ciò che prevale nel loro discorso politico è lo spirito astioso dell’un contro l’altro armati.
Un segno eloquente della nuova stagione politica – certo, qui si cambia registro e si passa direttamente alla satira – è il manifesto elettorale del leghista Pino Dolcino che dichiara «non tradirò mai». Non si capisce a chi è rivolta una simile accorata promessa: più che alla gente che passa sembra voler rassicurare qualcuno tra le sue file …

Ormai siamo alle risate finali e dunque si può segnalare un gustoso e recente «endorsement» a favore di Perocchio. L’autore, una vecchia conoscenza della sinistra novese, elenca sul «Piccolo» di Alessandria le virtù di «un uomo coraggioso e un politico con una visione raffinata e perfino un po’ rivoluzionaria». Se non è un caso di omonimia, stiamo parlando di un tizio che ha aizzato qualche facinoroso in una resa dei conti con l’allora capogruppo consiliare della Lega (Bertoli) e l’assessore Cuccuru (indicato dalla Lega), aprendo incidentalmente la crisi dell’amministrazione Cabella (leghista e parente del politico con una visione raffinata). Un tizio che non esita a farsi fotografare con un satrapo putiniano di passaggio (a proposito: che fine ha fatto?)

Germano Marubbi a lui si devono tali devote affermazioniprecisa poi che la sua conversione è dettata dal bisogno di «proporre un programma moderno, serio e solido per il governo della città … per governare la complessità di questo periodo storico con un approccio pragmatico e non ideologico». Istruzioni per l’uso: quando un uomo politico usa aggettivi come «moderno», «serio», «solido», «pragmatico» vuol dire che spaccia aria fritta. Succede sempre, quando non si sa che pesci pigliare per giustificare qualcosa definibile solo come «voltar gabbana», nell’italiano aulico impiegato da sempre per descrivere un fenomeno disprezzabile ma comune nel nostro paese. Ci sarebbe da piangere, ma consoliamoci ricorrendo alla vena comica nazionale: dai, Marù, facce ride!

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Francesco Montessoro

Un commento su “Dai, facce ride!

  1. In effetti… l’intero discorso non fa una piega.
    Personalmente resto basito, ma l’esperienza mi ha insegnato a non stupirmi più di nulla, ma a sedermi e godermi lo spettacolo…
    E sono sicuro… sarà esilarante…

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