Cara Meloni, ci tolga ogni dubbio

C’è una neonata in Gran Bretagna, si chiama Indy Gregory, è affetta da una grave malattia il cui nome non riusciamo neanche a pronunciare. È così dalla nascita. Vive artificialmente collegata ad una macchina. Non ha alcuna possibilità di vivere. I genitori l’hanno aspettata con ansia, hanno immaginato di vederla crescere, muovere i primi passi, cadere e rialzarsi, pronunciare le prime parole. Hanno immaginato di asciugarle le lacrime. Di preoccuparsi dei suoi dolori, ridere per le sue mossette. E poi i tormenti della scuola, dei primi amori. L’hanno immaginata crearsi una nuova famiglia e loro incanutire, invecchiare più o meno sereni, ma avendo vissuto appieno la vita della vita nuova che hanno cresciuto.

Invece no. Sono colpiti da una sorte atroce. La disperazione non ha confine e vorrebbero tenerla in vita anche se nessuno dei loro sogni si realizzerà mai. Sono disposti a tutto. Questa volta non vi è la mobilitazione di movimenti che in tali occasioni vogliono impedire che si stacchino i tubi. Forse perché il caso ha una durata breve, vista l’età della piccola. Forse perché nel mondo, ahimè, vi sono tantissime situazioni simili. Forse per pietà c’è chi pensa che sia meglio così.

I genitori nel loro dramma una sponda la trovano. Si tratta della presidente del consiglio Giorgia Meloni. 

A tempo di record concede la cittadinanza italiana alla piccola, perché possa essere trasportata in Italia e riattaccata alle macchine di un nostro ospedale, il Bambin Gesù di Roma. 

Lo ha fatto per compassione? Per la sua capacità di entrare in simpatia con l’opinione pubblica, visto che tutti i giornali e le televisioni ne parlano? È giusto che assecondi una comprensibile ostinazione terapeutica dei genitori? Ha ragione ad opporsi ad un tribunale di un paese civile? Qui ci interessa poco. Lo ha fatto, punto. 

La vicenda ha commosso tante persone che si sono identificate e la nostra premier si è proposta come la “mamma d’Italia”. Ora non ci interessa mettere in dubbio la sua buona fede. Lo farà la sua coscienza. Ma vorremmo chiedere perchè ai tanti bambini che sono nati in Italia, ma non hanno genitori italiani, è proibito dare loro la cittadinanza italiana? Il cosiddetto “ius soli”.

Purtroppo il decesso di Indy avviene 24 ore la sospensione della vita artificiale.

Contemporaneamente a questa brutta notizia ci giungono per pochi secondi le immagini tenere e tragiche di una nidiata di bimbi (nella foto sotto) nel dilaniato ospedale Al Shifa di Gaza. Da giorni non vi sono più anestetici, luce, medicine. I medici sono costretti a scegliere chi può vivere e chi no. Nati prematuri, sono tolti dalle incubatrici perché fuori uso. Adagiati in un letto vicino ad una pompa di calore, quasi per darsi forza. Ma non ce l’hanno fatta. Sette piccoli angioletti sono volati via. Avrebbero potuto sopravvivere nel loro grembo artificiale, anche grazie alle carezze di qualche infermiera.

Altri neonati in queste ore sono nelle stesse condizioni. A loro Giorgia Meloni, ”la madre cattolica” come si definisce fieramente, non concede la cittadinanza italiana. 

Alcuni di loro hanno già perso la madre nei bombardamenti. Tutti hanno una speranza di vita, tutti saranno il simbolo dell’ostinazione della vita, del pianto e del sorriso di un bambino che sconfigge la barbara insensatezza della guerra.

Cara Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, cancelli ogni dubbio, ci persuada che la difesa della piccola inglese non sia per lei soprattutto una trovata pubblicitaria, conceda la cittadinanza italiana a quei prematuri palestinesi. Mandi un aereo attrezzato – sappiamo che ve ne sono- e li faccia trasportare in Italia. Vivranno, potranno tornare in Palestina o rimanere da noi, tra le braccia di tante coppie desiderose di adottarli.

Ps. non ci spiegate che è tecnicamente impossibile. Intanto perchè non è vero, poi siamo certi che tale obiezione ci verrebbe da chi non l’ha sollevata per il caso della bimba inglese.

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Vilma Borra e Mauro D'Ascenzi

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