Gesù Bambino si è rotto? 

Oggi, 27 gennaio, ricorre la giornata della memoria.  Memoria vuol dire anche ricordare; quindi far scorrere i ricordi e riflettere sul loro significato, sulle emozioni che ci trasmettono a distanza di tempo. Ecco la mia riflessione. 

Vigilia di Natale, messa delle ore 21. Le prime panche della chiesa sono riempite dai bambini del catechismo. Si percepisce l’atmosfera di festa, tipica di questa sera di attesa. 
Il parroco scende i pochi scalini che separano il coro dalla navata centrale e si posiziona davanti al pubblico dei più piccoli. 
Comincia la predica. A un certo punto pone questa domanda: “Ma voi preferite Gesù Bambino o Babbo Natale?”. 
I bambini restano in silenzio. La domanda è insidiosa, solo apparentemente semplice. Poi una voce innocente: “Gesù bambino!”. 
“Bravo” risponde il celebrante; “Perché, vedi … Gesù bambino resta con te tutto l’anno, anche se tu non lo vuoi, anche se lo metti nel garage. Babbo Natale, invece, viene solo una volta all’anno e solo se sei stato bravo …”. 
La celebrazione va avanti, ma io rimango fermo li. Mi chiedo: “ma è proprio vero? Cioè, questi bambini preferiscono davvero Gesù Bambino?”. In modo un po’ brutale: “Ma che se ne fanno di un Gesù Bambino nel garage, quando hanno un Babbo Natale che gli porta quello che desiderano?

Forse il mio dubbio -certamente inappropriato dato il contesto-, è stato stimolato da un’intervista di Nicola Gratteri, ascoltata qualche giorno prima, dove il noto magistrato – saggista sosteneva che la cultura occidentale, le sue opere, i suoi scritti, i sui dipinti e i suoi edifici, almeno fino al ‘900, si poteva comprendere nella sua interezza se al centro si mettono i valori cristiani; mentre, dopo, la nostra “civiltà” si riesce a decifrare solo se al centro si pone il denaro, il guadagno, il successo personale. 
Oggi sono passati un pò di giorni dal Natale. Però quella domanda resta ancora senza risposta: “Può essere vero che siamo una società in crisi, che ha perso la sua identità, o la sta a poco a poco perdendo, perché non abbiamo più una base di valori condivisi?”. 
E quando, in passato, abbiamo perso questi valori condivisi, sostituendoli con altri, le conseguenze sono state disastrose. Le vittime dell’Olocausto, i femminicidi e la crescente criminalità urbana sono moniti che non possiamo ignorare. 
Questo processo di crescente barbaria è oggettivamente correlato con il venir meno dei valori cristiani, nel mondo occidentale; è questo un tema complesso e controverso che ha suscitato ampie discussioni. Negli ultimi decenni abbiamo assistito, forse senza comprenderne la portata, a una crescente ritrosia nell’aderire e nell’applicare tali valori, che non sono solo fede, ma hanno rappresentato un collante sociale e anche un codice di comportamenti “democratici” (tolleranza, rispetto, prossimità, condivisione, ecc.) 
Certamente l’ascesa della secolarizzazione è stata una delle principali cause di questo cambiamento. Molte persone, influenzate dalla crescita della scienza e della razionalità, hanno iniziato a porre maggiore enfasi su prospettive laiche, relegando i valori cristiani a un ruolo marginale nelle loro vite. Questo ha portato a un allontanamento graduale dai principi morali che precedentemente guidavano molte decisioni personali, sociali e politiche. 
La ricerca del “politicamente corretto”, della neutralità o meglio equidistanza, poi, ha portato inevitabilmente alla marginalizzazione di quei valori che, trascendendo dall’ambito religioso, rappresentavano la nostra identità, il nostro tratto caratterizzante rispetto ad altre culture. E tutto ciò in cambio di un pluralismo indefinito e indefinibile che appare, nella migliore delle ipotesi, incompleto, se non addirittura vuoto. 
Mentre alcuni vedono questo cambiamento come un segno di progresso e adattamento, altri lo percepiscono come una perdita di radici culturali e morali. 
Il risultato, che non è né bene, né male, è un senso di smarrimento collettivo, nella consapevolezza che qualcosa sta cambiando, ma non si comprende ancora cosa e quanto. 
A noi e a chi verrà dopo di noi spetta la sfida, tutt’altro che semplice, di trovare un nuovo equilibrio che rispetti la diversità e le libertà individuali, nella speranza che non si perdino definitivamente di vista i valori fondamentali che hanno plasmato la nostra società occidentale per secoli, in cambio di un indefinito relativismo che, francamente, ci disorienta e non sembra neppure utile. 
Ma quindi, “Gesù Bambino si è rotto”?

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Alessandro Reale

Un commento su “ Gesù Bambino si è rotto? 

  1. Lo spunto credo che non arrivi da Gratteri, che in maniera ben diversa si esprime di solito in merito, ma credo che arrivi da Galimberti che si esprime proprio con quelle parole [durante un dibattito con Mancuso «Nella civiltà occidentale siamo tutti cresciuti con la cultura cristiana.» “scienza e religione vanno di pari passo, con la stessa fiducia nel futuro. Diverso è per i giovani, che vivono un nichilismo dovuto al fatto che il futuro per loro oggi è una minaccia”…] ma può essere che Gratteri sia stato chiamato a commentare questa affermazione e si sia espresso di conseguenza …
    Poi non vedo come il ‘politicamente corretto’ possa sminuire il complesso dei valori: il ‘politicamente corretto’ è una ‘pezza’ simbolica e inconcludente, che scatena, più che sedare, le risse verbali, mischia le parole e le confonde senza ottenere il benchè minimo risultato… fumo negli occhi…
    La religione in sé non può essere confusa con ‘Valori’ granitici ed immutabili… per quanto riguarda la morale la religione ha spesso preso degli svarioni nel corso dei tempi: celebrando sé stessa, è andata spesso contro quelli che sono i valori di riferimento che possiamo avere oggi… ad esempio la strage degli Ugonotti rientrava pienamente nella morale cristiana a quei tempi… oggi un po’ meno…
    Il complesso dei valori morali si modifica in continuazione e pensare che il relativismo sia una bolla priva di valori è estremamente banale: va bene che secondo il relativismo tutto viene filtrato dalle mie percezioni… va bene che in senso lato sono ‘imperfetta’, ma non è detto che io sia, a prescindere, una pessima persona priva di valori … il fatto che io non creda in dio, non fa di me una persona priva di sentimenti nei confronti dei miei simili, o che io viva come il Michelaccio alla faccia loro! Pur essendo atea, sono assolutamente convinta che il rispetto reciproco e la solidarietà siano i fondamenti per una vita serena e sostenibile per tutti: cerco di vivere così perché penso sia giusto nei confronti di chi mi sta intorno ed io con loro e lo faccio non per guadagnarmi il Paradiso, semplicemente preferirei che la Terra potesse essere (se non un paradiso) un buon posto dove vivere per tutti. Per fare questo, non ho bisogno di credere in dio: mi bastano i miei simili,… ma ho sessant’anni e il mio futuro non mi spaventa, perché a grandi linee so cosa mi riserva; a vent’anni non ero così serena… a vent’anni si ha tutti paura del futuro… magari raccontiamolo ai nostri figli, non facciamogli credere che per noi è stato facile: non lo è stato… forse smetteranno di incattivirsi verso chiunque pensino che si stia mettendo di traverso alla loro vita… vivranno il loro tempo più sereni.

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