Quando il consumismo supera le barriere legali

La recente ondata di sequestri e arresti nella provincia di Alessandria ha messo in risalto il “marketing” che sta alle spalle della vendita di sostanze stupefacenti, in particolare della cannabis. Cercando online, non è difficile imbattersi in articoli che denunciano a gran voce i nomi “accattivanti” con cui la sostanza o i suoi derivati vengono presentati agli acquirenti.

Si potrebbe avanzare l’ipotesi che questo avvenga grazie ad una strategia studiata ad hoc dalle organizzazioni criminali che, al fine di rendere più allettante l’uso della sostanza stupefacente, studierebbero e proporrebbero tali nomi accompagnati, in alcuni casi, da un packaging anche più “invitante” del nome stesso.

Ma niente potrebbe essere più lontano dalla realtà e, di conseguenza, dalla giusta strada per risolvere il problema. Partendo dai dati, sicuramente è vero che la cannabis è la sostanza più legata a questo fenomeno pubblicitario, probabilmente perché è la sostanza più consumata in Italia, come dimostra il 75% delle segnalazioni ex. Art. 75 (possesso e consumo di sostanze stupefacenti). Per avere un quadro più chiaro della dimensione che questa fetta di mercato ha raggiunto, la percentuale sopra riportata sta a significare che su 32.500 segnalazioni, 24.300 circa riguardavano il possesso di cannabis. Alle segnalazioni si accompagnano i sequestri: su 75 tonnellate di sostanze stupefacenti sequestrate nel 2023, ben 47 erano di sole Marijuana e Hashish, indice che anche i gruppi criminali hanno intuito quale sia diventata la fetta più proficua dell’economia sommersa. 

Come fatto notare, questi prodotti vengono sempre venduti accompagnati da una precisa nomenclatura e, in alcuni casi, da confezioni realizzate ad arte. Tuttavia, per quanto riguarda questa fase di “personalizzazione” del prodotto, la criminalità organizzata ha poco a che fare. Infatti le rotte commerciali che interessano il traffico di prodotti a base di THC e derivati ha sempre di più origine da paesi come USA (soprattutto la California) e Spagna, dove è ormai stato legalizzato il consumo ad uso personale di cannabis. Con l’apertura di un mercato legale è quindi nato anche un meccanismo di matrice consumista volto ad indurre più facilmente i frequentatori dei social club all’acquisto di una certa marca o varietà piuttosto che di un’altra. Le mafie semplicemente approfittano di questo lavoro, svolto da veri e propri professionisti della comunicazione (tra cui analisti di mercato, grafici pubblicitari…), svolto in maniera assolutamente legale, per migliorare la propria presa sul mercato nero.

Pensandoci, oltre a guadagnare miliardi di euro l’anno, si approfittano anche di prestazioni lavorative di professionisti che svolgono il proprio lavoro per conto di compagnie in maniera assolutamente legale e controllata. Quello che può risultare di difficile comprensione è come queste sostanze riescano a giungere fino in Italia. Sotto questo profilo, chi gioca un ruolo fondamentale è la piattaforma “Telegram”, applicazione di messagistica estremamente diffusa.

La particolarità di Telegram è la possibilità di iscriversi a qualunque gruppo semplicemente cercandolo nell’apposita barra di ricerca, senza che sia necessario possedere il numero di qualcuno presente nello stesso e, molto spesso, senza nemmeno bisogno di identificarsi. THC e derivati vengono spediti in grandi quantità dai paesi in cui è legale, così che eventuali sequestri in dogana diventano trascurabili, perché fisicamente impossibile identificare ogni singolo pacchetto illecito. Questi giungono poi in Italia sotto false spoglie, come semplici consegne Amazon, GLS, Fed Ex, eccetera, e vengono con ritirati dagli acquirenti in un centro di deposito, che può essere un tabaccaio, una casella postale, o qualunque altro luogo o attività commerciale offra questo servizio. A questo punto, se chi ha effettuato l’acquisto lo ha fatto con il fine di rivendere quanto acquistato, ripropone in strada il prodotto presentandolo con lo stesso nome con il quale è venduto nel luogo di origine; nome che indica semplicemente la varietà di Cannabis dalla quale il prodotto è stato derivato, definita “Strain” nel campo della coltivazione.

Nessuna strategia innovativa da parte delle organizzazioni criminali, ma semplicemente un atteggiamento da vere e proprie sanguisughe, che sfruttano i vantaggi della legalizzazione in altri stati, il lavoro di onesti professionisti del settore e il fatto che in Italia prodotti a base di THC siano a prescindere estremamente richiesti. È come uno specchio, in America le aziende fanno a gara per presentare il prodotto migliore, e questa forma di consumismo arriva anche qui, con la differenza che i ricavi derivanti da queste attività non vengono raccolti da aziende che dovrebbero pagare tasse sopra i propri utili, ma vanno interamente in mano alla criminalità organizzata.

Potrebbe apparire poco etico presentare prodotti nocivi per la salute in modi divertenti e colorati, accompagnati da nomi accattivanti, ma la questione appare più lecita pensando alla commercializzazione di prodotti a base di alcol. Basti pensare che tutte le aziende che vendono superalcolici investono annualmente molto di più nel design delle bottiglie che nelle campagne di marketing o nella ricerca di un miglioramento qualitativo del prodotto, consapevoli di vendere di fatto un veleno, che se non fosse presentato nel modo adeguato non sarebbe acquistato da nessuno. Ad esempio, esistono moltissime marche diverse di gin, ma l’unica differenza tra esse non va ricercata né nel gusto che (se non grazie agli ingredienti aggiunti a seconda del drink che si decide di bere) rimane sostanzialmente identico, né nella gradazione alcolica, che si attesta sempre al 40%.

Lo stesso identico meccanismo interessa la cannabis nei paesi dove è legale, con la differenza che i diversi strain presentano realmente caratteristiche estremamente diverse l’uno dall’altro, giustificando quindi il meccanismo di marketing più che nel caso degli alcolici. Ancora una volta, il livello che abbiamo raggiunto di consumo, il fatto che l’età media tra i consumatori sia pari a 17 anni, e che il meccanismo che regola una branca del mercato nero sia ormai completamente assorbito dal capitalismo, non giustificano in alcun modo una presa di posizione che vuole a tutti i costi proseguire sulla strada del proibizionismo. Se vogliamo togliere un nuovo settore dell’economia globale alle mafie, l’unica soluzione è la legalizzazione. Anzi, con la legalizzazione della cannabis in Germania prevista per quest’estate, possiamo aspettarci un’ulteriore intensificazione di queste attività, dato che paesi come Spagna, Olanda e USA presentavano comunque l’ostacolo della lontananza geografica, e questo non ha impedito alcuna espansione del commercio da parte del crimine organizzato.

Viene quindi naturale chiedersi se soltanto questo passo della Germania non debba spingerci a prendere velocemente le dovute misure, adeguandoci anche noi a quello che, nel 2024, dovrebbe essere uno standard in linea con il semplice diritto umano di disporre liberamente della propria vita e della propria salute.

Una risposta a “Quando il consumismo supera le barriere legali”

  1. Avatar luigi
    luigi

    in sintesi: legalizzando la canapa, come accade nei paesi avanzati (gli stessi che si seguono fedelmente quando bombardano popolazioni inermi, ma mai quando ne azzeccano una…) si toglierebbe la maggior fetta alle mafie e ai cartelli. E questi avrebbero meno miliardi da investire in armi, violenza, speculazioni immobiliari, corruzione e crimini di ogni genere.
    Ma forse è proprio per non ridurre la fetta destinata ai corrotti, che i politicanti italici si oppongono tanto duramente. Vuoi mettere coca e sfruttamento?

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Fabio Ruggiero

Un commento su “Quando il consumismo supera le barriere legali

  1. in sintesi: legalizzando la canapa, come accade nei paesi avanzati (gli stessi che si seguono fedelmente quando bombardano popolazioni inermi, ma mai quando ne azzeccano una…) si toglierebbe la maggior fetta alle mafie e ai cartelli. E questi avrebbero meno miliardi da investire in armi, violenza, speculazioni immobiliari, corruzione e crimini di ogni genere.
    Ma forse è proprio per non ridurre la fetta destinata ai corrotti, che i politicanti italici si oppongono tanto duramente. Vuoi mettere coca e sfruttamento?

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