Da qualche tempo, nei sondaggi come nelle urne, le destre sembrano marciare compatte, forti di una presa popolare che sembra non calare anche a distanza di anni dalle ultime elezioni politiche e che la sinistra pare aver smarrito. Le analisi si sprecano, ma forse vale la pena tornare al principio, a quel momento in cui la sinistra ha perso la sua anima. O meglio, ha smesso di amare il suo popolo per quello che era.
C’è stato un tempo in cui la sinistra parlava ai lavoratori, ai ceti popolari, ai diseredati con una lingua comprensibile, concreta, fatta di pane e diritti. Poi, qualcosa è cambiato. È subentrata la tentazione di educare, di elevare il popolo verso una presunta “superiorità morale”. Il linguaggio si è fatto astratto, accademico, spesso giudicante. Chi non si allineava al nuovo galateo progressista – in materia di ambiente, genere, linguaggio – era bollato come retrogrado, quando non direttamente fascista.
Ma la gente non vuole essere educata. Vuole essere ascoltata. Vuole essere riconosciuta, accettata anche nelle sue debolezze, nelle sue contraddizioni, nei suoi istinti più primordiali. Ecco allora che la destra si è inserita in questo vuoto d’amore, dicendo alla gente ciò che voleva sentirsi dire: che va bene così com’è. Che è normale essere diffidenti, arrabbiati, insofferenti. Che il vicino straniero è una minaccia. Che pagare le tasse è da fessi. Che il politicamente corretto è una gabbia.
La destra non educa: assolve. E nel farlo, seduce.
La sinistra, invece, ha confuso l’etica con la predica. Ma non si cambia il mondo giudicando chi non è già d’accordo con te. Lo si cambia mettendosi accanto, parlando chiaro, rinunciando all’altezza dei salotti per tornare all’altezza degli occhi.
Essere di destra è più semplice: ti permette di lasciarti andare agli istinti più primitivi, di pensare solo al tuo tornaconto. Essere di sinistra è più difficile: richiede una tensione verso la giustizia sociale, verso il bene comune. Richiede disciplina, empatia, sforzo. Ma non può diventare una religione che esclude gli imperfetti.
Forse la sinistra ha dimenticato che il popolo non va giudicato, va amato. Che il linguaggio non deve essere sofisticato, ma vero. Che non serve citare Norberto Bobbio in ogni comizio per sembrare colti: a volte basta dire “capisco come ti senti”.
Come scriveva Don Milani: “Sortirne tutti insieme è politica, sortirne da soli è avarizia”. Ma per uscirne tutti insieme bisogna prima tornare a parlare con tutti, non solo con chi ha letto Pasolini.
Non è vero che “siamo tutti peccatori” allo stesso modo. C’è chi sbaglia cercando un bene più grande e chi invece coltiva il male con consapevole indifferenza. In politica, occorre distinguere tra chi inciampa e chi costruisce sul fango.
Alla sinistra non manca il pensiero. Manca l’abbraccio. Manca la capacità di dire: “Non sei perfetto, ma io sto con te lo stesso. Perché anch’io non sono perfetto e solo insieme possiamo essere migliori
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3 commenti su “ Il peccato originale della sinistra (e perché le destre stanno vincendo) ”
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Direi che questo è uno dei problemi. E’ vero stiamo attenti a dire “tutti e tutte” quando parliamo in pubblico per non discriminare chissà chi e in nome di che cosa, insomma siamo alle solite seghe mentali che ci caratterizzano da almeno un decennio.
Aggiungerei alla riflessione i trentanni di coesistenza col berlusconismo e dico “coesistenza” perché si è cercato di rincorrere questa destra sul suo terreno a partire dall’ulivo e dal governo Prodi (“privato è bello” ad esempio) con ricadute pesanti sulla formazione scolastica e sull’informazione e con lo smantellamento di tutte quelle strutture a cominciare dalla sanità che garantivano i diritti a tutti.
Non parliamo poi della questione lavoro perché basterebbe fare un confronto tra il parcheggio dell’Ilva e quello di amazon per porsi mille domande.
Ascoltare le persone va benissimo, poi però bisogna passare a fatti che soddisfino i loro bisogni e questa destra mi sembra che non sia in grado di farlo.
P.S. Comunque Pasolini è sempre una bella lettura…….
Si’, l’ articolo coglie indubbiamente alcune delle problematiche che hanno condotto alla prevalenza delle destre nell’ ultimo trentennio , ma il rischio e’ davvero quello di un ripiegamento sulle tematiche e gli approcci fatti propri dallo schieramento conservatore , per non dire reazionario ( ad es. in materia di sicurezza si sentono speso esponenti – e militanti – progressisti adottare senza remore ne’ distinguo l’ inquietante formula della ” tolleranza zero ” )
Occorrerebbe invece una nuova stagione di auto educazione degli strati più sociali più in sofferenza ( non certo una drastica e autoritaria rieducazione stile Corea del Nord ) , attraverso una corretta , capillare opera di informazione e presa di coscienza della estrema complessità delle sfide ( dalla questione del mutamento climatico alla migrazione ) del nostro tempo, cui le destre vorrebbero fornire soluzioni semplici ma demagogiche ,sovente dagli effetti disastrosi
Tutto questo comporta anche un auspicabile recupero di quegli spazi di socializzazione e di elaborazione collettiva che il turbine del marketing politico e la deriva individualista hanno fortemente ridimensionato ( vedi il tessuto associativo , le cd Soms , i circoli di diversa ispirazione ecc. ) : compito non certo agevole , ma necessario in vista di un rilancio delle istanze autenticamente progressiste e di riequilibrio delle dilaganti diseguaglianze , causate da politiche iperliberiste , mosse solo dalla ricerca di un profitto sempre crescente
Si’, l’ articolo coglie indubbiamente alcune delle problematiche che hanno condotto alla prevalenza delle destre nell’ ultimo trentennio , ma il rischio e’ davvero quello di un ripiegamento sulle tematiche e gli approcci fatti propri dallo schieramento conservatore , per non dire reazionario ( ad es. in materia di sicurezza si sentono speso esponenti – e militanti – progressisti adottare senza remore ne’ distinguo l’ inquietante formula della ” tolleranza zero ” )
Occorrerebbe invece una nuova stagione di auto educazione degli strati più sociali più in sofferenza ( non certo una drastica e autoritaria rieducazione stile Corea del Nord ) , attraverso una corretta , capillare opera di informazione e presa di coscienza della estrema complessità delle sfide ( dalla questione del mutamento climatico alla migrazione ) del nostro tempo, cui le destre vorrebbero fornire soluzioni semplici ma demagogiche ,sovente dagli effetti disastrosi
Tutto questo comporta anche un auspicabile recupero di quegli spazi di socializzazione e di elaborazione collettiva che il turbine del marketing politico e la deriva individualista hanno fortemente ridimensionato ( vedi il tessuto associativo , le cd Soms , i circoli di diversa ispirazione ecc. ) : compito non certo agevole , ma necessario in vista di un rilancio delle istanze autenticamente progressiste e di riequilibrio delle dilaganti diseguaglianze , causate da politiche iperliberiste , mosse solo dalla ricerca di un profitto sempre crescente