Con l’arrivo del freddo sono arrivate anche le bollette del gas, il cui prezzo è aumentato in modo vertiginoso. Questo è un problema che riguarda tutti noi, nessuno escluso, e sta mettendo a dura prova famiglie, imprese e l’intera economia del nostro Paese. È una questione che non può più essere ignorata e per la quale dobbiamo pretendere risposte chiare e soluzioni concrete.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’escalation dei costi dell’energia, e il gas è uno degli elementi centrali di questa crisi. Le bollette sono aumentate in modo esponenziale, e l’IVA è passata dal 4% al 22%: un fatto inaudito, che ha colpito in modo particolare le fasce più deboli della popolazione. Molti cittadini si trovano costretti a scegliere tra il pagamento del riscaldamento e altre spese essenziali per la loro sopravvivenza.
L’aumento del prezzo del gas è dovuto a diversi fattori internazionali: speculazione finanziaria, conflitti geopolitici, riduzione delle forniture e transizione energetica. Inoltre, la decisione dell’Ucraina di non rinnovare il contratto per il transito del gas russo (Gazprom) ha ridotto in modo significativo il flusso di gas verso l’Europa.
Al centro del problema c’è una politica sbagliata del governo Meloni: non si può continuare a finanziare gli armamenti, previsti fino a dicembre 2025, alimentando così il conflitto e facendo ulteriormente aumentare il prezzo del gas. Dal gennaio 2025, i gasdotti che trasportavano il gas russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina non sono più attivi, e l’invio di armi all’Ucraina da parte dell’Italia e di altri Paesi ha contribuito a questo scenario.
L’Italia, come gran parte dell’Europa, dipende fortemente dalle importazioni di gas naturale, in particolare dalla Russia, che prima della guerra in Ucraina era uno dei principali fornitori. L’invio di armi all’Ucraina da parte dell’Italia e di altri Paesi della NATO ha portato a un deterioramento delle relazioni con la Russia, che ha risposto riducendo o interrompendo le forniture di gas all’Europa. Questa riduzione ha creato un deficit nell’approvvigionamento energetico, facendo salire i prezzi.
Le sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea alla Russia, sostenute anche dall’Italia, hanno avuto un impatto significativo sul commercio del gas. La Russia, in risposta, ha utilizzato il gas come strumento di pressione politica, limitando le esportazioni verso i Paesi europei. Questo ha costretto l’Italia a cercare fonti alternative di approvvigionamento, spesso più costose, come il gas naturale liquefatto (GNL) proveniente da Stati Uniti e Qatar.
La guerra in Ucraina ha destabilizzato il mercato energetico globale, aumentando la competizione per le risorse. Paesi come Cina e India hanno intensificato le loro importazioni di gas, contribuendo così all’aumento dei prezzi. In questo contesto, l’Italia si è trovata a dover affrontare una concorrenza ancora maggiore per l’acquisto di gas, con conseguenti rincari.
L’Italia, insieme all’Unione Europea, sta cercando di accelerare la transizione verso fonti energetiche rinnovabili per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, nel breve termine, questa transizione richiede investimenti significativi e non elimina immediatamente la necessità di gas naturale. I costi legati a questa transizione, uniti alla scarsità di gas, hanno contribuito all’aumento dei prezzi.
L’invio di armi all’Ucraina e il sostegno politico-militare dell’Italia hanno alimentato l’incertezza nei mercati energetici. Gli operatori del settore temono un prolungamento del conflitto e un’ulteriore escalation delle tensioni, fattori che spingono il prezzo del gas verso l’alto a causa del cosiddetto «rischio geopolitico».
L’aumento del prezzo del gas in Italia è il risultato di una politica sbagliata da parte del governo Meloni, che con l’invio di armi all’Ucraina ha contribuito ad aggravare la crisi energetica e a deteriorare le relazioni con la Russia. Questa scelta ha messo in ginocchio il nostro Paese, riducendo drasticamente i fondi destinati a servizi essenziali come sanità pubblica, istruzione, assistenza e altri settori fondamentali.
L’invio di armi all’Ucraina è uno dei fattori che ha esacerbato una situazione già critica, mettendo in luce la complessa interdipendenza tra politica, economia e sicurezza energetica.
Robbiano Laura – PRC
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