Caro Ministro, io non ci sto.

Spettabile Ministro Valditara,
mi rivolgo a lei come insegnante e dipendente pertanto del Ministero dell’Istruzione (e del Merito, dimenticavo) che a lei fa capo, per comunicare la mia intenzione di disattendere, nel prossimo anno scolastico, quanto stabilito dalla legge n.92/2019 con la quale è stato introdotto l’insegnamento obbligatorio dell’Educazione civica in tutti i gradi dell’istruzione, con l’obiettivo di far sì che  “le ragazze e i ragazzi, fin da piccoli, possano imparare principi come il rispetto dell’altro e dell’ambiente che li circonda, utilizzino linguaggi e comportamenti appropriati quando sono sui social media o navigano in rete”. 

In realtà, più che sottrarmi a tale obbligo, mi propongo di darne un’interpretazione personale, come peraltro faccio già da tempo, e come ritengo facciano anche molte mie colleghe e colleghi. Innanzitutto, mi sembra doveroso spiegare la motivazione di tale scelta: dopo le recenti esternazioni del Sottosegretario alla Cultura in occasione della serata inaugurale dell’estate al Maxxi, che in pochi minuti hanno compromesso ore e ore di lezione sulla parità di genere, sull’uso corretto e consapevole del linguaggio, sull’importanza di dimostrarsi “cittadini responsabili e attivi che partecipino pienamente e con consapevolezza alla vita civica, culturale e  sociale  della loro comunità”, credo sia necessaria una rimodulazione delle attività didattiche atta a fornire alle mie studentesse e ai miei studenti una sorta di antidoto al degrado che comportamenti del genere potrebbero incentivare, soprattutto se messi in atto da figure che rivestono ruoli istituzionali. Perchè come lei ben sa, caro Ministro, l’educazione non può prescindere dall’esempio. Quando in classe mi capiterà di riprendere uno studente per l’uso di un’espressione non adatta a un contesto scolastico, o per un commento o una battuta volgare, come potrei controbattere a una risposta del tipo: “Ma prof, non ha sentito Sgarbi? Eppure lui è il Sottosegretario alla cultura!”.

Dunque, l’anno prossimo, proporrò un unico modulo, non di Educazione civica, ma di Educazione alla bellezza, perchè, anche se segnali sempre più frequenti e preccupanti contribuiscono a mettere in dubbio che la bellezza salverà il mondo(Dostoevskij), io ci voglio comunque provare. 

L’onorevole Sgarbi, per difendersi dalle accuse che gli sono piovute addosso, ha citato autori e opere che, a suo parere, avrebbero dovuto suscitare analogo scandalo per contenuti sessisti, uso del turpiloquio e presunte oscenità: niente da dire, se non che la contestualizzazione, come sa bene ogni docente, e in generale ogni persona che si occupi di cultura, è fondamentale per distinguere la volgarità gratuita, finalizzata ad attirare l’attenzione e ad alimentare un’autoreferenzialità esasperata, dall’urgenza di adesione a una realtà colta in tutti i suoi aspetti, anche quelli più urtanti. Per fortuna, arte, musica e letteratura ci forniscono altrettanti strumenti utili a far comprendere ai giovani quanto la bellezza possa rappresentare una guida nelle incertezze del mondo complesso in cui siamo immersi e in cui loro stanno appunto imparando a “nuotare”. 

Dante, per esempio, aiuta a fornire una prospettiva interessante in termini di rispetto per la donna: una bella ragazza che passa per la strada non deve necessariamente subire il disagio causato dagli apprezzamenti, spesso pesanti, di quelli che la vedono camminare, anzi, ogne lingua devèn tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare, perchè la bellezza va apprezzata, rispettata e difesa, in ogni sua forma o manifestazione. Il rispetto e la tutela della natura, invece, la cui forza distruttiva spesso ci pone di fronte a limiti che non dovremmo superare, si possono insegnare soffermandosi sulla straordinaria potenza espressiva dei versi leopardiani della Ginestra: E la possanza/qui con giusta misura/anco estimar potrà dell’uman seme,/cui la dura nutrice, ov’ei men teme,/con lieve moto in un momento annulla/in parte, e può con moti/poco men lievi ancor subitamente/annichilare in tutto. Nessuna puntuale e noiosa spiegazione dell’Articolo 11 della Costituzione può risultare altrettanto efficace nel far capire perchè l’Italia ripudi la guerra quanto la semplice, tragica bellezza delle parole de La guerra di Piero di De Andrè

E ci sarebbero mille altri esempi da citare, che non farò per non risultare noiosa, ma dei quali mi potrò avvalere per toccare argomenti come la discriminazone, il bullismo, l’illegalità. Infine spiegherò ai ragazzi che la bellezza della lingua italiana sta nella sua complessità, in quella ricchezza di sfumature che permette sempre di trovare alternative, se il contesto lo richiede, al turpiloquio e alle espressioni volgari, tramite un’infinita possibilità di perifrasi, reticenze ed eufemismi.

La scuola, per quanto criticata, svalutata, o strumentalizzata come una bandiera da sventolare a scopo politico, riveste ancora un ruolo fondamentale di “resistenza” (mi passi l’espressione, signor Ministro, magari non del tutto gradita) nei confronti dei messaggi spesso contraddittori e fuorvianti che ai giovani provengono da una società che sembra dimenticare che un’educazione all’”etica” non può fare a meno di un’educazione “estetica” in senso lato.

Cantando, o Grazie, degli eterei pregi/Di che il ciel v’adorna, e della gioja/Che vereconde voi date alla terra/belle vergini! a voi chieggo l’arcana/Armoniosa melodia pittrice/Della vostra beltà : questi sono i versi con cui Foscolo celebra la potenza delle Grazie, portarici di bellezza e armonia, capaci di mitigare l’aggressività degli uomini e favorirne l’incivilimento. Qui c’è tutta l’educazione civica che ci serve.

Cordiali saluti

Una prof

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Giulia Valenti

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